venerdì 19 dicembre 2008

Vocapatch

Mia madre mi avvisa che il mio ordine gerarchico è cambiato. Niente soldi oggi, ho lasciato un casino in camera. Se il parentato si lamenta sempre della saponetta a terra, della poca benzina che lasci nella sua macchina, delle regole di una casa poco pulita o molto sporca, allora il 68 non è stata vera rivoluzione. Piuttosto un branco di caproni guidato da un gruppo che credeva di cambiare le cose.
Degli affiliati del cazzo convinti che il loro pensiero, in quanto giusto, non possa andare incontro a contraddizioni di fondo.
Eppure ci sarà un modo per farvi imparare a programmare il videoregistratore o i canali della televisione.
Ci sarà un modo per farvi imparare ad usare il computer.
Soprattutto ci sarà un modo per farvi capire che nel mondo degli adulti io non ci volgio nemmeno mettere piede.
Vorrebbe dire dover buttare ogni convinzione capitale per avere in cambio la sicurezza e l'accoglienza di una casa dove reprimere ulteriormente il cinismo che mi è stato trasmesso. Dove poter crescere un figlio cui insegnare l'altruismo e il rispetto, ma al quale il mio atteggiamento susciti almeno del sospetto.
Vorrebbe dire andare a letto con odio represso e morire nel sogno.
Ecco cosa volete per me: dovermi trovare un giorno a scegliere fra Bio Presto e un detersivo senza marca, ma che costa meno.
Scelgo il male. Scelgo di essere figlio. Scelgo di non imparare. Perchè quello che posso creare, in generale, è solo il male.

lunedì 15 dicembre 2008

ANNA MOLLY_IX_Cap

“Credo che un’avventura del genere possa raramente capitare. Da un’eccitazione ad una desolazione totale che non si può neppure immaginare. È incredibile come il mondo possa apparire surreale nonostante si viva giorno dopo giorno la realtà. Mi chiedo come si possa progettare un futuro se nemmeno si è sicuri del presente.
Oggi sicuramente l’ho capito più che mai un presente tira l’altro, è questo che costruisce il futuro, nient’altro. Al momento vorrei solo andarmene da qui…perché forse non è il mio posto.
Un solo istante, una sola ora, un solo giorno, completamente sola.
Ho avuto giorni migliori.
Non avrei mai creduto di poter arrivare a questa sensazione, ma nella vita c’è una prima volta per tutto.
Una solitudine che nemmeno nella mia stanza sono mai riuscita a sentire. Nonostante il luogo sia totalmente sommerso di gente, mi sento sola.
Sento il bisogno di una stabilità.
Avrò ancora voglia di cercarla, ma soprattutto, sto facendo qualche sforzo per trovarla?
Forse è una di quelle sensazioni passeggere delle quali si può fare a meno di curarle, semplicemente aspettando che passi e poi, vedere cos’accade nel futuro immediato.
Non è una condizione necessaria credo, ma col fatto che ora la vivo, sento come se la successione degli eventi portino di continuo solo in quella fottutissima direzione.
Sarà un segno che non riesco a cogliere? Sarà che la mia presenza qui è di troppo. Sarà che non ci capisco più un cazzo di niente? Non so. Mi viene solo in mente una terribile visione di quello che voglio fare ma che non riuscirò mai a realizzare. Una sensazione che non auguro a nessuno, anzi, eviterei anche di parlarne se solo non mi sentissi così giù in questi giorni.”

Anna Molly aveva avuto un periodo per evadere dalla solita monotonia della sua vita, ovviamente non mollò le sue abitudini, ma sperimentò quella parte di sé che ancora non si svelava del tutto, l’intraprendenza.
Partì, da sola.
L’esperienza l’aveva formata e non poco, anche se mentre si trovava sul luogo i pensieri non l’abbandonarono mai, perché il posto dove ti trovi spesso allevia la mente, ma non la libera specialmente quando è troppo ingombrata da malsane attitudini.
Quella vicenda la fece riflettere su come percepirsi in momenti di isolamento, aveva voglia di fuggire ma era decisamente impossibile. Non so a quanti possa essere successa una cosa simile: trovarsi in un luogo gonfio di gente, ma sentirsi soli, completamente soli.
Le circostanze che si erano create per quella situazione si svolsero molto velocemente senza nemmeno avere il tempo di reagire, e allora pensava che il presente modificava anche l’imminente futuro.
Rimane il fatto che Molly decideva per sé stessa qualunque cosa, le sue azioni erano libere da giudizi, prese di posizione, agiva senza che nessuno avesse voglia di criticarla. Si sentiva bene, con tutto, con tutti. Era accettata, apprezzata, stimolata da ogni punto della nuova città che la circondava. Amava tutto in quella nuova scoperta. Quell’incessante guardarsi intorno e captare in ogni cosa l’ispirazione per andare avanti e sentire il suo stato d’animo cambiare.
Ma c’era sempre qualcosa che succedeva per ingannarla di nuovo e farla inciampare su se stessa.

“I don’t under stand why but even though I’m on the other part of the world people say always the same things about me: strange, weird, special?
Somebody says that “it’s better to be weird than boring as such as a common person”.
Well sometimes I would like to feel like a “normal” one.
I don’t know why but in some situations I feel really uncomfortable like when you are thrown in a box. Nobody cares.
I could stay hours thinking about how to change my self to be someone else. It’s a very tough work.
Sometimes I tell my self that I’m fine on this way but there’s a part of me that wants to let me be the me I will never be.
It makes me suffer ‘cus I always think how to make that changement.
The more I try the less I can’t do it.
I feel a kind of pain when I push my self on the top of the best. I am conscious that perfection doesn’t exist but I need it”.

sabato 6 dicembre 2008

ANNA MOLLY_VIII_Cap

“In tensione, come un filo elettrico,
passa la corrente che deve alimentarla,
ma la scarica troppo forte rischia di schiantarla
verso la morte.
Un urto elettrico fatto di scintille e sbalzi di luce,
l’irrequietezza interna fulmina chi mi sta intorno.
Disturbata dalle onde di invidia
trova l’instabilità che non merita,
solo un intervanto esterno la potrà calmare
senza che si butti in un lago,
fermando definitivamente il dolore provocato.
Sfinita cade, e non una mano ad aiutarla,
perché troppo impauriti ad essere coinvolti
in quel pericoloso e complesso mondo.”

“Sto cercando di dare un senso alla mia vita, dargli un senso perché altrimenti non troverei la voglia di viverla, e questo mi spaventa, forse è un problema che tutti quelli della mia età si pongono, o forse no, ma comunque io ne ho bisogno!
Non voglio ridurmi all’ultimo momento pensando di aver buttato un pezzo di me stessa in un tempo che non è stato mio, mi deprime sapere che avrei potuto fare tanto altro, ma che per colpa mia non ho fatto. Mi deprime e mi fa venire voglia di odiarmi perché non sono stata capace di saper sfruttare al meglio questo tempo unico ed irripetibile che è la mia vita, che non solo non potrò riavere, ma non so nemmeno quando potrà finire.
Forse dovrei ritenermi fortunata per tutto quello che ho, ma è proprio questo il motivo, la mia fortuna deve essere anche quella di qualcun altro! La mia vita fortunata deve essere la vita fortunata di altri, è questo che voglio, è questo che devo riuscire a fare, è questo quello che VOGLIO!
Ho anche tanta voglia di sentirmi bene, per questo devo vivere senza alcuna pressione, alcuna sensazione di depressione, solo il rumore soave della vita che va vissuta in pieno in tutta la sua assolutezza. Il Mondo non dipende da come sei o da come appari. Il Mondo dipende dalla tua persona e da quanto tieni ad essa. L’unico motivo che ci deve spingere a renderci migliori è proprio quello di sentirci parte del Mondo, non come persone uniche viventi, ma come figure indispensabili e necessarie agli altri e a ciò che ci circonda. Sfruttarci per quello che siamo realmente e per quello che abbiamo a disposizione per far capire, a chi lo ignora, che il miglioramento della vita sta nel metterla a disposizione e condividerla in modo saggio e conscio. La sensazione del “dovuto” non deve angosciarci, tutto deve essere estremamente volontario e sommerso da quella inverosimile voglia di dare per non necessariamente ricevere.”.

Anna Molly aveva ricevuto dalla vita un dono inestimabile, oltre alla vita stessa, la necessità di voler essere vicina agli altri nella fortuna di essere sana e in salute, con la voglia di vivere, almeno fino a quel momento.
Quando capì che si stava ammalando non riusciva più a sentire quella vivacità che l’aveva sempre accompagnata.
Il volontariato era per lei non solo un modo per sentirsi utile, ma mettere in comune quello che per lei era la cosa più importante, la fortuna di poter aiutare il prossimo. Desideri ne aveva tanti da questo punto di vista, troppi, alcuni anche importanti, ma infranti anche se disperatamente cercati. Le prime cantonate cominciarono a farle perdere quella fiducia che tanto aveva cercato di creare, che a poco a poco si sciolse dietro stupide illusioni, forse.
Fu a quel punto che il futuro si faceva sempre più incerto e lei non aveva la capacità di vedersi in quel nuovo stato d’animo che la pervadeva. Nemmeno l’inerzia della vita stessa riusciva a darle la carica, neppure la sveglia la mattina era un valido motivo per alzarsi, anche se lo faceva, perché doveva.
Odiava il fatto di perdere tempo in quel modo. Non sopportava vedersi in quello stato e allora si alzava.
Il Tempo era da sfruttare, ogni piccolo minuto, secondo, qualunque cosa fosse successa in quella giornata sarebbe stata comunque utile, ovviamente perché “Nulla succede per caso”.
Secondo lei anche quella sua sofferenza doveva servire a qualcosa, anche se il tormento non aveva poi così senso, secondo me era una stupida giustificazione per le sue assurde azioni.

lunedì 1 dicembre 2008

ANNA MOLLY_VII_Cap

Anna Molly non capiva.
Aveva troppe sensazioni che non la rendevano libera dai pensieri negativi. Aveva voglia che gli altri si accorgessero di lei, percepiva tutto come un disagio continuo, e pur chiedendosi cosa non andasse, trovava sempre il modo di buttarsi più giù e si deprimeva.
Sapeva che da sola non avrebbe risolto il suo problema e più lo teneva stretto più questo si impossessava di lei, inducendola alle azioni che lei stessa giudicava controproducenti su tutti i piani della vita.
L’ossessione per l’accettazione di sé era ormai diventata una sorta si droga, quando non si accettava si riempiva e si svuotava, si sentiva meglio, poi se riaccadeva, lo rifaceva. Più facile di così.
Molly sentiva verso le persone un’attrazione di supporto nei loro confronti, le piaceva star loro vicino perché lei ne aveva bisogno. Apprendeva il dolore che risiedeva nell’animo altrui e non sopportava che potessero sentirsi come lei, quindi cercava in tutti i modi di aiutarli, facendosi carico anche delle pene e del dolore. La sua non era compassione convenevole, era sincera, si sentiva quasi responsabile della loro situazione e se decideva di star loro vicino si comportava da amica.
Le persone si sono sempre fidate di lei, svelando anche la parte profonda di un animo che non si poteva neppure immaginare, quello che lei non mostrava.
Alle volte penso che non voleva ingombrare la vita degli altri con i suoi problemi, credeva che dato che erano un peso per lei figuriamoci per gli altri, inoltre pensava sempre che al “mondo” delle sue cose non importasse assolutamente niente, come il resto della sua vita.
Si commuoveva davanti ai visi tormentati altrui, aveva sempre voglia di ascoltare chi ne aveva bisogno, si prodigava per questo “Se hai bisogno di parlare, se vuoi sfogarti, sappi che ci sono”, non aveva paura di esporsi così, ma del contrario.
Emotivamente latitava affetto, era stitica, non si lasciava andare facilmente ad un ti voglio bene spontaneo, aspettava sempre che fosse qualcun altro a dirlo prima di lei.

“Sono due giorni che ho una voglia matta di morire.
Perché? Insomma non parlo di suicidio, ma solo una via di scampo dalla situazione che sto vivendo, una maniera, non per scavalcare l’ostacolo, ma eliminarlo completamente.
Cosa ci vuole? Io ho bisogno di parlarne e quando tengo tutto così dentro mi viene voglia solo di implodere. Chiudersi in se stessi non fa bene, ma qualche volta è l’unico modo per comprimere l’odio verso se stessi e non farlo sentire agli altri.
Spesso mi chiedo se veramente voglio vivere la vita che mi si sta svolgendo avanti gli occhi, non vedo via di scampo, non vedo una minima voglia di farmi forza.
Mi sento sola, di nuovo completamente troppo sola.
Lo so che non mi rendo conto di tutto quello che cazzo mi sta succedendo.
Mi faccio pena, schifo, mi odio, mi faccio del male ogni giorno di più e tutto perché non ho uno straccio di autostima e rispetto verso me stessa!
Trovo assolutamente inutile me stessa.
Odio tutto, mi viene voglia i spaccarmi la faccia ogni volta che mi guardo allo specchio, ecco che mi rimetto a piangere, ma come cazzo sono fatta male.
Oggi come se non bastasse sono stata anche mandata a fare in culo da un tizio che mi piaceva, ma che ovviamente come sempre c’erano problemi per sentirsi, ma lasciamo stare, tanto era una cosa completamente impossibile da poter reggere, quindi è andata bene com’è andata. Anche se ci si sta veramente di merda in tutto e per tutto!
Mi sento sempre di più una disadattata, come quelli che si chiudono dentro casa e non escono più, ecco io uguale, solo che sono chiusa nella mia corazza corporale, che ho costruito a puntino in questi anni della mia vita.
Non un minimo di sgarro per quella che mi sono imposta di essere anche se ultimamente sto perdendo colpi!
Perché questi problemi escono fuori tutti solo adesso!”

Anna Molly era una perfezionista. Odiava che qualunque cosa facesse non andasse secondo i suoi piani. Era disposta a qualsiasi tipo di sacrificio pur di terminare e vedere la faccia soddisfatta di chi magari le avesse chiesto un favore, un aiuto, una qualunque faccenda. Se non ne era in grado faceva in modo da poter apprendere nella maniera più celere e soddisfare le richieste.
Questo suo modo di porsi l’aveva resa affidabile e responsabile, ma la continua ricerca di questa perfezione aveva anche intaccato il suo cervello, dando forma a quella che era anche l’ossessione della perfezione del proprio aspetto.
Non andava mai bene nulla, qualunque cosa indossasse, mangiasse, mettesse nei capelli o alle orecchie, era sempre tutto inadatto, ma dopotutto era lei ad aver comprato tutto ciò.
Passava giorni in cui vestiva decentemente, altri giorni che se si metteva sotto un ponte poteva anche chiedere l’elemosina. Credo glie l’avrebbero fatta un po’ di carità.
Anche questa era una sofferenza per lei, rincorrere una perfezione che non esiste. Non lo capiva questo, per lei era assolutamente inconcepibile non riuscire ad esserlo. Chiunque incontrasse era meglio di lei, incarnavano tutti la perfezione che lei bramava, sarebbe stata capace di vendere l’anima al diavolo per questo. Un intero periodo all’inseguimento di qualcosa che non c’è. Mi faceva pena per questo, ma anche io non sapevo bene come aiutarla, avevo paura di quello che potesse scattare nella sua testa da un momento all’altro. Era imprevedibile da certi punti di vista.
Passava le serate a leggere libri ed ascoltare musica. La televisione la annoiava, oppure disegnava.
Disegnava una vita ideale, piena di colori vivaci, linee curve che donavano armonia al suo pensiero, ma la rabbia agiva subdolamente nella testa.
Aveva dimenticato cosa fosse la felicità e cercava di ricalcarla sui fogli con pennarelli e matite colorate, voleva essere felice e sentirsi bene.
Il livello di sopportazione del suo corpo nell’essere continuamente maltrattato era arrivato al limite.

sabato 29 novembre 2008

Pennellate

Ma io che cosa ne so dei problemi degli altri, delle tragedie che affliggono l'umanità. Cosa ne so dei cinesi, dei suici di massa, dei delfini che affogano dentro buste di plastica.

E tu a raccontarmi di catastrofi in tv, di giornali, opinionisti, ma che ne so, dei tuoi problemi, di giovani alcolisti, di percentuali e schemi, di carceri affollate, di turni massacranti, la flessibilità, di reni che si spezzano, di miliardi sputtanati ogni anno in psicofarmaci, di embrioni sottovetro, referendum boicottati, della fuga dei cervelli e della diserzione del mio, l'apertura dei bordelli dopo secoli d'oblio. Di oblio. Oblio.

Ma che cosa so dei tossici che aspettano negli angoli dosi di carità, dei treni dagli orari incomprensibili, della paura di morire congelati, della fame degli stracci, dei preti pedofili, delle stragi dei treni dagli autori indicibili, dei papponi albanesi.

Forse è colpa delle regole del vivere civile, come avere sempre qualcosa di sensato da dire.

venerdì 28 novembre 2008

ANNA MOLLY_VI_Cap

“Un altro giorno è passato, un’altra apatica presenza di me in questo mondo ha fatto la sua deludente apparizione.
Mi sento proprio inutile, non mi sopporto quando penso queste cose, ma provo questo!
Vorrei solo trovare la forza di reagire. E come se non bastasse odio non essere presa in considerazione da chi mi interessa, che non mostra la minima reciprocità.
Mi basterebbe anche solo conoscerla la persona, senza concluderci chissà che, queste cose le conosco solo io? È proprio vero che “..la vita ti prende soltanto alle spalle…e sei ancora troppo stanco per ricominciare”, non ce la farei mai in questo momento.
Lo stare da sola mi fa fare delle riflessioni lunghe e tristi, di conseguenza mi butto giù pesantemente, senza via d’uscita che possa seriamente liberarmi, ho voglia di qualcosa di nuovo…
Avrei solo voglia di volare, un salto nel vuoto, la mente perduta, non un ostacolo, solo uno schianto per una libertà desiderata e mai raggiunta”.

Anna Molly aveva sempre avuto una fissa per le cose estreme, esperienze per poter misurare le sue possibilità, e cercare di capire i suoi limiti fisici e psicologici. Una sfida contro sé stessa per dimostrarsi che aveva delle caratteristiche uniche e per questo sentirsi meglio.
Cercava scariche di adrenalina che la portassero a provare nuove emozioni che scatenassero ancora la sua voglia di vivere e voglia di vincere la sensazione di vuoto che aveva giorno dopo giorno.
La stupida soluzione era la stessa, lo sfogo improponibile che solo lei nelle sue ore di solitudine conosceva, e allora prendeva la sua “dose” e si liberava.
Tante volte aveva voglia di scappare, addirittura di casa. Non aveva mai preparato le valige, ma faceva delle fughe per ore e non tornava per stare sola, sempre sola e non vedersi.
Molly non aveva mai pensato ad andarsene perché non voleva abbandonare Margaret, sapeva della sua fragilità, dietro quella pseudo autorità che dava a vedere.
Aveva passato dei giorni a sentirsi rifiutata e non considerata, questo la esasperava e dava la colpa solo ed esclusivamente a sé.

“Ho deciso di scrivere perché mi stavo facendo alcune domande su quello che mi sta accadendo, ma sto veramente reagendo alla mia fottuta voglia di deprimermi? Sto veramente facendomi forza per uscirne in modo ormai non più incolume? Le risposte le trovo man mano che passa il tempo.
Sento che devo cambiare questa maledettissima testa che non ha più spazio per crescere ed è per questo motivo che sta male, ha voglia di respirare qualcosa di nuovo e pulito!
Non so cosa mi riserva la vita ma il mio futuro deve cominciare a starmi a cuore perché quello che verrà dopo sarà sempre parte di me. Il mio futuro sono io adesso, devo far tacere questo rumore silenzioso, che ovatta il mio poter fare ciò che voglio!
Fatto sta che il lavoro è lungo e non toglie la necessità dell’ausilio di qualcuno.
mi manca quel senso di voler essere sicuri che c’è qualcuno che ti sta pensando in un certo istante e che vorrebbe esserti vicino. Qualcuno che ti sta nella testa giorno e notte che non vuoi mai lasciar andare.
Tra tutte le conclusioni che ho potuto trarre durante questa mia modesta vita, di certo speravo di non trarne una come questa! Spieghiamo altrimenti non si capisce di cosa sto parlando.
Diciamo che ultimamente non mene sta andando una per il verso giusto, sotto qualunque punto di vista, sentimentale e di studio, e addirittura con il gioco sono sfigata.
C’ho la sfiga nera che mi svolazza intorno! Non una persona che mi caghi, non un esame che venga passato, non un cazzo di solitario che mi venga! Sono proprio tristissima oggi.
Un po’ per il giorno, un po’ perché domani ho un esame ma so già che non lo passerò, a priori, perché tanto con la sfiga che mi ritrovo sbaglio anche nelle cazzate!
Mi sento male, e quando sto male, non rispondo delle mie azioni e faccio quello che non devo quando sono sola.
Non so più cosa fare, tutta la spinta che avevo si sta lentamente spegnendo, non una da parte mia, né da parte di qualcuno che ti dica dai che ce la puoi fare ‘fatti forza che la prossima volta va meglio, dai che tanto sai di esserti impegnata, vedrai che sarà più facile’.
Non una pacca sulla spalla a darti conforto e supporto. Sembra che tutto quello che si racconti, lo si racconti solo per aprire bocca e dare fiato, non sapendo che dietro ogni discorso, c’è un segnale che va colto in qualche modo, che va percepito se si vuole comprendere, aiutare o stare al gioco di quella persona.
Non capisco come questa cosa possa essere tanto complicata, quando a me invece viene praticamente naturale.
La sensibilità spesso è un pregio, ma a me viene solo da sentirla come un difetto e come un peso.
Forse è per questo che intorno a me ho costruito una fortezza impenetrabile, dal momento che se viene abbattuta potrei crollare in tutta la mia fragilità. Ma fino a quando questa sensibilità riamane in me in questo modo, corro sempre il rischio di una implosione, e lo so cadrò dentro, fino al collasso.”

sabato 22 novembre 2008

ANNA MOLLY_V_Cap

“Per quale motivo ogni volta che provo a fare una cosa a cui tengo devo sempre sudarmela il triplo degli altri?
Non mi sembra affatto giusto nei miei confronti, maledizione!
Non ho il tempo di pensarla che non appena la metto in atto mi ritrovo la delusione e basta.
Non cerco gratificazioni per quello che faccio, ma solo una semplice riuscita personale, che possa ridarmi un po’ di quella autostima che da tempo non riesco più a vedere due mesi a questa parte.
L’unico conforto è che stando da sola non faccio pesare tutto ciò che ho dentro e quelli che mi stanno intorno, soprattutto quelli di casa ai quali non voglio dare altri dispiaceri.
Purtroppo ho questi stupidi sensi di colpa che ogni tanto tornano a galla e che cerco di sopprimere, ma invano perché loro sono già qui nel momento in cui decido di non pensarci.
Aspetto qualcuno, e sottolineo qualcuno, che possa liberarmi, perché è solo questo potrà occupare la mia mente e scacciare quella malattia che tanto mi affligge, solitudine e depressione.
Forse è quello che cercano un po’ tutti, ma io lo desidero più di ogni altra cosa, dato che il resto delle cose riescono meglio quando sono di buon umore.
Preferirei scappare da me stessa quando mi sento in questo modo, in quanto rischio sempre di farmi del male in queste occasioni di perdita di senno, perché di questo si tratta.
Cerco di fantasticare sulle cose belle che possono accadermi, ma di punto in bianco penso a quelle parti negative di cui sono fatte.
Una parte di me cerca conforto in me stessa, l’altra parte si dimena nel cercare di deprimersi sempre di più, fino a sfociare in quell’orribile e ripetuta vicenda che non sopporto ma che mi fa stare meglio perché mi libera.
Tristemente parlando, ciò mi accade anche ultimamente per mia stupida disattenzione verso la mia persona, che dovrei controllare più severamente di quanto non stia facendo.
Sempre più spesso mi viene la voglia di cominciare a fumare perché mi libererebbe, ma non voglio, perché devo essere forte per me stessa. Ma perché in questo frangente riesco a dire di no e nell’altro lo trovo così difficile?
Perché qui riesco a fermarmi e nell’altro quasi non vedo l’ora che succeda?
Lo so sono terribilmente malata, ma non so come curarmi. Cerco di tenermi impegnata, occupata, ma poi quando mi fermo…ecco che ritornano gli strani pensieri che occultano la mia povera testa e non parlo solo della ragione ma anche del mio stato d’animo, assetato di libertà da questa angoscia straziante.
Finisco sempre col sentirmi meglio, ma peggio allo stesso tempo, perché penso di essermi liberata di un peso, ma che dopo poco si ripresenta.
So che il mio modo di essere potrebbe comportare dei seri problemi nella mia vita sociale, specialmente per quanto riguarda il mio rapporto con i ragazzi, non so perché ma mi rimane estremamente difficile riuscire a coinvolgermi in qualcosa che possa essere qualcosa più di una semplice uscita o due bacetti.
Spesso mi viene da pensare che forse sto meglio da sola, ma poi quando guardo chi è felicemente accompagnato, mi viene una nostalgia, malinconia, odio verso me stessa perché non riesco ad avere quello che hanno loro di così meraviglioso!
Non so, mi capita anche di provare affetto per persone lontane da me, profondo affetto, ma poi quando queste si avvicinano, è come se la cosa si fosse risolta e dopo quel periodo magnifico passato insieme, crolla tutto di nuovo, come se non ci fosse stato nulla, tutto come prima, e giù che crollo di nuovo!
La tristezza mi trascina via e potrei anche morire di depressione nella mente e nello spirito, una sensazione all’estremo delle forze che non dà neppure la spinta di reagire, solo un bisogno di sopprimere tutta quella tempesta di disagi e crisi.”

Anna Molly non aveva mai avuto problemi nelle relazioni con l’altro sesso, anzi ne aveva molti di spasimanti che la reputavano una ragazza affabile, con charm, e a lei piaceva atteggiarsi in quanto tale. Non era una che teneva le distanze, ma certamente badava bene a non fare la prima mossa.
La sua era una tattica che le piaceva, funzionava, ma nonostante tutto non riusciva a trovare una sorta di pace interiore con chiunque la avvicinasse e provasse ad addentrarsi in quell’anima-labirinto.
A volte non si rendeva nemmeno conto di quando stava seducendo qualcuno, la sua audacia nell’intrattenere spingeva chi le stava di fronte a compiere sempre il primo passo per provarci.
Certo a quel punto poteva essere reputata una stronza se non ci stava, ma d’altronde se non avesse dato ad intendere che non ci sarebbe stata si poteva rimanere male al suo NO.
Cercava qualcuno in quel momento ma nemmeno lei sapeva bene chi. Si sentiva abbandonata in qualche modo, e di questo ne soffriva talmente tanto da dover reprimere questa sensazione, per non dare nell’occhio la sua fragilità. Lei doveva essere perfetta, non poteva permettersi una simile distrazione.
Purtroppo la distrazione la commetteva nei suoi confronti, occupando i momenti di depressione con assurde situazioni di autodelezione, non si sopportava quando stava così e l’unico modo per sentirsi meglio, e aggirare l’ostacolo, era prendere la via del cesso.
Alcune volte spariva anche sotto le coperte perché il suo corpo e la sa testa si facevano troppo pesanti per lo sforzo e si addormentava esanime.
Al risveglio stava bene, come nulla fosse successo la vita continuava.
Molly sapeva come distrarsi, ma bastava un minuto per farla ripiombare nella sua paura e insicurezza.
Aveva una semplice creatività che sfoggiava solo per sè stessa. Tutte le sue “invenzioni” rimanevano segregate in camera, non una veniva fatta notare, pensava sempre che fossero terribilmente inutili e impietosamente assecondate.
Cercava sempre un senso per tutto quello che faceva; diceva sempre: “Nulla succede per caso, lo sai?”. Aveva questa convinzione, per qualunque cosa accadesse lei trovava sempre una maledettissima motivazione e le conseguenze positive che potevano portare. Ora che ci penso solo in quel frangente riusciva a vedere un barlume di speranza e chiarezza.

mercoledì 19 novembre 2008

La fitta sassaiola dell'ingiuria

C'é chi mi vuole folle, chi follemente spera che toppi in carriera
da sera a mattina si ostina, ficca aghi nella mia bambolina
mina la via che l'anima mia cammina, mi pedina
il fatto é che se sfuggo alla logica tragica é la fine che mi si propina.
L'acqua che butti sul mio fuoco diventa benzina
ogni insulto manichino per la mia vetrina
sappi che la mia dottrina se ne fotte di chi sta dopo e chi prima.
Chi mi stima mi istiga a stilare 'sti suoni, 'sti versi e 'sti ca..
godo se penso all'amaro che mastica chi pronostica la fine della mia vitalità.

Fonda la tua gloria sull'ingiuria, lavati i denti col seltz come Furia
smile, siamo in aria, canta vittoria, ma io ti sputerò come un seme d'anguria.
C'é penuria di muri adibiti alla memoria, pura vanagloria
fa male come un dente che si caria il mio debole per le vittime della storia
le hanno odiate, umiliate, lasciate alla sorte per fargli la corte dopo la morte.
Mi faccio forte di un simile supplizio ed é per questo che schivo ogni giudizio
ho la riflessione come vizio, il mio fine é di fare di ogni fine un buon inizio
mi sazio di un dizionario vario più dei santi del calendario.

Mi piace sapermi diverso, piacere perverso che riverso in versi
su fogli sparsi, nei capoversi dei giorni persi nei miei rimorsi.
Che cosa c'é da aspettarsi da chi come me non sa adeguarsi a sette
mafiette, etichette e se tutti fanno lui smette?
Chi manomette le tette della scultura, ne ignora l'amore e la cura
ciocca meno ciocca mi son fatto sta capigliatura
come un tiranno fra le mura non ho paura.

giovedì 13 novembre 2008

Il volo delle anatre a rovescio

Se ci fossimo conosciuti in un altro posto o in un altro modo saremmo sicuramente diventati amici, doveva essere qualcuno con parecchie cose da raccontare. Ma lui voleva distruggere l'Occidente ed io ero l'Occidente.
L'Occidente è un vecchio figlio di puttana con ancora voglia di menare e mani.
L'Occidente è un vecchio figlio di puttana con giovani donne e le loro dichiarazioni d'amore. L'Occidente è un vecchio figlio di puttana che combatte con il sole sempre alle spalle, da Agamennone a John Wayne.
Bevemmo caffè solubile. Non so perchè ma il caffè solubile si beve facendo qualcos'altro. Guardammo fuori. Automobili. Gente con la borsa del supermercato. Un autobus.
"Sai qual è la cosa strana di quando guardi il mondo da dietro la finestra?" disse lui.
"Qual è?".
"Decidere da che parte sta l'acquario".
Bevve un sorso di caffè come per dare profondità al pensiero.
"Stronzate. Rompi il vetro e vedi se l'acqua entra o esce".
Si fermò con la tazza tra le mani. "Com'è che hai sempre le risposte?"
"Perchè ogni problema è un problema di linguaggio".
"Sei troppo intelligente per essere un poliziotto".

lunedì 10 novembre 2008

Considerazioni di merda

Sono diversi giorni che ho il cervello paralizzato.
Accendo la tv, la cosa meno appropriata in questi casi, e non riesco nemmeno a capire che cazzo dicono, talmente la demenza che anche la mia parte cerebrale più attiva si rifiuta di comprendere.
Cambio ripetutamente, Zapping a random..ci rinuncio.
Anche quando mi sveglio la mattina non ho ben chiaro cosa ho intenzione di fare, mi guardo i telegiornali e poi cerco di scrivere per accelerare il processo di attivazione delle sinapsi. Nulla. Non una minima riga da scrivere. Mi incazzo quando è così, perchè significa che non c'è uno stimolo che inneschi in me la voglia di sviscerare maledette parole. Ultimamente le uniche cose che mi vengono da buttar giù sono critiche polemiche, rabbia odio verso tutto quello che vedo e che sento, ma mi rendo conto che servono a ben poco considerando l'aria che tira.
Non capisco, non capisco proprio come si possa essere così assuefatti da una società di merda. Ecco che ricomincio con le critiche, ma facciamo che sono solo considerazioni.
Insomma, secondo me abbiamo respirato talmente tanta puzza, di qualunque provanienza, che ormai non ci accorgiamo nemmeno che esista, e se ne vengono fuori delle nuove ci sembrano meno gravi della prima e allora ci abituiamo anche a quelle.
MERDA MERDA MERDA, SOLO TANTISSIMA E PUZZOLENTISSIMA MERDA!
Si può vivere nella merda??
C'è chi ci riesce purtroppo, solo perchè sa come trasformarla in oro...
Spero solo che prima o poi ne abbiano talmente tanta da spalare che dovranno mangiarsela per farla sparire...

Oh che bello a qnt pare il mo cervello è tornato a funzionare, forse perchè si è SPURGATO di quello che ha accumulato da diversi giorni.

mercoledì 5 novembre 2008

Gennaio 2001


L'altra sera sono stato al cinema con il mio amico Picci. Ho visto un film bellissimo. Indiano. Si chiamava Uttara. La storia era così. I protagonisti sono due amici che fanno i casellanti in un posto sperduto. Di notte si siedono accanto ai binari e chiacchierano. Uno dice qualcosa come:"E' bello stare qui con te. Prima stavo a un altro casello. Da solo. E allora di sera parlavo con i binari. Mi dicevano che erano molto tristi perchè stavano insieme da anni ma non si erano mai potuti incontrare". Che bello.
Dopo il film siamo andati a mangiare un panino. Sedute al tavolo accanto c'erano due ragazze. Una ha detto all'altra:"Sai cosa dice la gamba destra di Cesare dei Lunapop alla sinistra? C'è qualcosa di grande tra di noi".
Ed è stato lì, in quel preciso momento, che ho capito qual è la differenza fra l'Oriente e l'Occidente.
[...]
La globalizzazione. Tutti conoscono la tristezza della globalizzazione. I bambini che cuciono palloni con cui giocano gli immigrati clandestini nei cortili dei centri d'accoglienza costruiti di fronte ai McDonald's di tutto il mondo. Ma c'è qualcosa che è ancora più crudele della globalizzazione: è il sorriso della globalizzazione. Per esempio l'altro giorno stavo alla mia scrivania quando è arrivata una ragazza che lavora a Mtv e mi ha detto che c'era un'altra ragazza, Juanita, che voleva conoscermi. "Cacchio" ho pensato, "Juanita". Ho immaginato palme tropicali con la colonna sonora di Guantanamera, Juanita Guantanamera...E invece no. In America Latina hanno fatto un concorso legato ad un prodotto: vinci un viaggio in Europa a visitare tutte le sedi di Mtv. Lei dunque voleva conoscermi per contratto. Le hanno detto che voleva conoscermi e lei voleva conoscermi. E io mi sono inorgoglito,ha fatto così tanti chilometri per venire da me. Che bello. Che emozione.
Arriva Juanita. Juanita è una ragazza simpatica e un pò grassottella. Juanita mi guarda e mi dice due cose:"Grazie". E poi."Grazie.Ci stiamo divertendo moltissimo". Ma come? Sei in periferia a Milano in mezzo ad un ufficio con trenta persone che urlano, Ricky Martin a manetta, ti portano a conoscere me, pallido, con le occhiaia, che sto scrivendo al mio computer e tu mi ringrazi?
E allora ho capito: la cosa più crudele della globalizzazione sono quellu due parole.
"Grazie. Grazie"

martedì 4 novembre 2008

Da M.Jolie a Antoine

"Caro Antoine,
non so se ti ricordi di me, sono quella persona che un giorno ti disse quanto fosse stato bello averti conosciuto.
Ancora conservo quel piccolo oggetto che portasti con te al primo incontro, casuale, ma direi fondamentale. Sono stata una sciocca a non avere avuto pazienza nel decidere ciò che avessi voluto fare dopo quel giorno; forse ora non mi troverei qui a scriverti.
Ricordo ancora il profumo che il tuo collo emanava, la collana col filo nero che circondava la pelle lasciandola leggermente arrossata.
Lo scontro repentino ci ha lasciati un po'sorpresi, ma in fondo quel giorno sarebbe dovuto accadere qualcosa, me lo sentivo.
Pensa che quando sono uscita di casa, quella mattina, ho preso per sbaglio tra le mani una locandina di un Cafè a pochi passi da casa mia, e avevo diciso di recarmi lì per colazione, da sola. Premetto che colazione la faccio sempre a casa. Da lì tutto avrebbe dovuto prendere una nuova forma, non era più la routine di sempre.
Seguo nome e via scritti sul depliant: La Fourmi, 74 Rue des Martyrs (XVIII). Avevo camminato un pochino, circa 15 min per arrivare, e quando ho voltato l'angolo, ecco che c'era qualcuno ad attendermi dietro.
Antoine c'eri tu.
Le tue cose caddero rovinosamente a terra, ti ricordi?
Mi sono davvero sentita a disagio, non sapevo da dove cominciare, e alcuni fogli avevano cominciato a volare via! Fortunatamente il corso di Kick Boxing aveva migliorato un po' i miei riflessi!
Raccolsi le tue pagine e tu le mie, ti vidi colpito da quei fogliacci che tenevo poco prima sotto braccio. Schzzi e scarabocchi, paesaggi, persone e stupidi versi sovrapposti; cominciasti a leggere ad alta voce. Giuro che la cosa mi infastidì non poco. Non si fa così! O sbaglio?!
Nonostante tutto andammo insieme a La Fourmì. Che posto fantastico, perfetto per bere qualcosa o mangiare, con vista sul Louvre, dove si possono sfogliare quotidiani di tutto il mondo. Il posto era molto bello e confortevole, ma la cosa più affascinante era la libreria sul retro. Direi incantevole.
Seduti al tavolo avrei preso un croassant e un succo di frutta, tu invece una fetta di torta con caffè.
Il dialogo cominciò a farsi interessante quando mi dicesti di conoscere diversi esponenti della letteratura contemporanea, gente sentita, e risentita, per la quale nutrivo profonda ammirazione. I nostri numerosi punti in comune mi affascinavano non poco, destavano interesse, ma soprattutto mi colpì l'ambiente in cui ti trovavi ogni giorno. Mi parlasti di artisti, creazioni, immaginazione e filosofia, idealismi e correnti d'arte, muovendo nel mio cervello quelle leve che difficilemnte riuscivo a spostare da un po' di tempo a questa parte.
E sì, avevo davvero bisogno che qualcuno lo facesse.
L'averti conosciuto è stato di profonda importanza, perchè ho capito quale dovesse davvero essere la mia concezione di vita.
La penna che mi regalasti è ancora nella mia agenda, scrivo solo pensieri stupendi.
Devo confessarti che non ho mai provato interesse fisico nei tuoi confronti, ma solo una pura attrazione mentale. Possibile? E' possibile instaurare un rapporto su ciò?
Il motivo per il quale ci siamo salutati e mai più rivisti, credo sia stato perchè quel tipo di rapporto non poteva esistere. Perchè, mi chiedo perchè.
Se sei in grado di darmi una risposta ti prego di farlo al più presto!
Salut...
M.Jolie"

sabato 1 novembre 2008

Miniatura

Esci da una mente poco perfetta per inoltrare l'attenzione su piccoli particolari che colpiscono.
Guardando, tramite minuscole lenti, puoi vedere nelle miniature di un pensiero le vere sfaccettature e sfumature che risiedono nella mentalità di un cervello, che non avresti mai creduto capace di fomentare così tanta fantasia, creatività e senso della vita.
Ogni pennellata diventa incrostazione di una nuova filosofia, più o meno importante, che può dar origine all'intera immagine, o rimanere isolata dal resto.
Apparentemente l'inutilità di una tale microscopia cela la banalità assoluta; ma associando una moltitudine di queste il risultato non sarebbe inosservabile. Da tutto ciò può scaturire la formulazione di un'idea comune nella quale un'intera popolazione può ritrovarsi, senza cadere nel fanatismo e nell'illusione. Concretezza nel perseguire l'idea, valorizzando gli elementi di ogni minutezza che nella complessità spiccano senza sopraffarsi.
Quanta sensibilità occorre per non sbagliare e creare macchie nella piccola tela, non un tremore o disattenzione per non rovinare un'opera alla quale si dedica tempo e pazieinza, dove certi giorni sai di dover completare ma non ci riesci perchè ti manca quella convinzione per continuarla e a volte vorresti addirittura buttare tutto. Il giorno dopo, forse, avrai la consapevolezza che invece le posssibilità di riuscrci ci sono e allora l'opera si conclude.
Un piccolo tassello di noi nello sviluppo di una matrice complessa ma non impossibile.
Dovresti essere soddisfatto alla fine di tutto.

venerdì 31 ottobre 2008

Ho capito da tempo che

Scrivo questo post usando un pastello a cera. Scrivo questo post per palrare del perchè cambiano le cose.
In effetti non saprei, qualcuno può parlare di panta rei, altri potrebbero parlare di transistasi e stati di aggregazione della materia a seconda della temperatura.
Ognuno ne parla a seconda del paradigma che usa per affrontare e risolvere problemi.
L'uomo della strada magari può rispondere che è inevitabile.
In realtà vi ho solo voluto portare fuori strada. Il punto è che vi ho appena dimostrato che essere critici è una perdita di tempo, non saprete mai se io abbia veramente scritto questo post con un pastello a cera prima di scannerizzarlo e farlo giungere ai vostri occhi. Mai.
Ecco perchè sono sempre così critico e non mi va mai bene niente. Perchè la vera essenza della mia vita si manifesta nei tempi morti, ad esempio quando scrivo.
Ecco anche perchè quando mi sento dare dello stronzo posso permettermi di rispondere al mio simpatico interlocutore di stare molto attento. Non vorrei che perdesse il suo tempo!

Mera Vita

Cala sul viso un velo che è tinteggiato di rosso, si compre come avesse vergogna di quello che ha appena compiuto. Scende a compromessi per non avere i soliti sensi di colpa e allora prende le sue cose e toglie il disturbo.
Camminando si accorge che quello che prova non è tanto dovuto a quello che ha commesso, quanto a non aver fatto nulla per far sì che non avvenisse.
Si precipita in un bar, cerca qualche sollazzo bevendo qua e là e, prima che cada nel sonno profondo, medita sulle sue cazzutissime scelte di vita, sempre e solo basate sull'opportunismo e sulla presa di una posizione di convenienza.
Crolla.
Nel sogno si dimena come un bambino che fa i capricci; tutto quello che aveva voluto per sè stesso fino a quel momento gli si stava ritorcendo contro, ogni suo modo di agire e fare con le persone stavano diventando una persecuzione non molto chiara nella sua mente. Allora continuava a bere e sollazzarsi con quello che gli capitava a tiro. Cadeva da uno sballo all'altro quando, poi, una persona lo prese per sotto le spalle e lo incoraggiò ad essere un altro.

Prese così la decisione di riprendere le redini della sua vita, sempre e comunque con quella persona accanto, perchè da soli non si può nulla (o quasi).
Quella persona sapeva come dargli fiducia ed autostima allo stesso tempo, rassicurandolo che seppur il mondo prende una piega di merda il modo per affrontarlo lo si trova, senza sfuggirgli con sotterfugi e magie da illusionisti.
Praparava così la sua esistenza alla nuova rinascita dove il centro di tutto era lui ma come riferimento aveva gli altri.
Spulciava le righe dell'agenda quando trovò scritto:
"Amerai chi non ama te e per questo soffrirai"
Si sveglia di soprassalto.
Era solo un fottutissimo incubo.

giovedì 30 ottobre 2008

Come mai è tutto così?

La considerazione che ho di questo Paese è pressochè crollata vertiginosamente da un po' di anni a questa parte, proprio come l'andamento delle borse di questi giorni.
Motivi? Vicende ed avvenimenti che fanno rabbrividire, come si stesse guardando un film americano sulla disgregazione sociale di una Nazione, da qualsiasi punto di vista.
Quando mi alzo la mattina non so nemmeno con quale spitiro affrontare la giornata.
Apro la finestra e respiro quella poca aria pulita che è rimasta e cerco di non farmi sopraffare dall'amarezza delle notizie del telegiornale. Dalla cronaca alle "novità politiche" sento salire dalle viscere fino allo stomaco il magone ansiogeno, che blocca le attività vitali lasciandomi attonita ed interdetta difronte a cotante orride apparizioni.
Cerco di intraprendere un percorso mentale che mi porti dove abbia il coraggio di reagire, tento con ogni attività di poter cambiare qualcosa, ma quando vedi che gli sforzi che fai non portano da nessuna parte, ecco che la voglia di abbandonare ti persuade.
Forse siamo troppo abituati al "tutto e subito", quando invece bisogna perseverare e continuare ad andare avanti con le proprie convinzioni e valori, trasmettendoli a chi non ne conosce neppure mezzo.
Ho avuto momenti in cui il mio Paese mi è mancato, lo ammetto, nel bene e nel male ho provato quel senso di nostalgia, ed è per questo che odio rimanere a guardare tutta questa deriva.
Non sopporto di stare con le mani in mano quando sento che tutt'intorno si genera odio, falsità e opportunismo, di cui tutti si nutrono indipendentemente dalla posizione sociale e pensiero politico.
Siamo tutti ninfomani di arrivismo dove vince chi fotte di più gli altri.
Mi duole dire che la capacità delle persone, in questo senso, si sta affinando sempre di più. Doppie facce che distolgono lo sguardo dal buonsenso e dalla propria considerazione personale.
Vigliaccheria, stupidità, cupidigia e ignoraza..Ah Beata Ignoranza..
Basta accendere lo schermo del "Totem" che padroneggia il salotto di casa per avere la rivelazione del Mondo dell'Imbecillità come una delle verità nascoste, ma che ogni giorno abbiamo davanti.

domenica 26 ottobre 2008

Partire per non tornare

Un solo biglietto, ANDATA.
Vorresti trovarti a sedere su un qualunque sedile di un mezzo di trasporto ed evadere da una normalità che dopo poco ti arriva contunuamente sulle palle. Allora ti inoltri in ambienti e situazioni che possono sembrarti nuovi, ma che poi ripercorrono quel circolo vizioso che si risolve nella quotidianità.
Al finestrino guardi e scruti i diversi paesaggi che scorrono agli occhi, come una pellicola ininterrotta che non ti permette di carpire i particoloari. Non un ambiente amico, tutto da ricostruire, ma nelle piccole cose ritrovi te stesso e lo indirizzi su quello che capisci essere la tua vera essenza. Un sentimento di novità risveglia gli stimoli della fantasia oppressa da troppo tempo e riallaccia quelle sinapsi che non sapevano più di esistere e la creatività si sprigiona.
Le persone che vedi hanno tutte il volto coperto da una maschera di carta pesta che presenta le grinze delle loro preoccupazioni. Non una che presenti il sorriso della felicità di vivere e il loro specchio dell'anima è incomprensibile, se non attraverso lo sguardo traverso e sfuggente.
Nel viaggio non hai una meta da raggiungere,e non capisci di essere capace di trasmettere qualcosa che hai dentro, e non hai ancora capito a cosa serva.
Solo affrontando tutto ad occhi aperti sai rapportarti con persone e realtà.
Non vorrai mai più tornare al tuo posto una volta scoperto che c'è di meglio per poter vivere sè stessi.
Il centro nevralgico dell'esistenza in un cervello che non ha pace, in un corpo che non ha forma e che ha deciso di partire per non tornare.

Dell'amore e delle cose che ritieni importanti

Mi parli dell'amore come motore immobile che tutto muove. Pensi che non me ne sia accorto perchè non te lo dico, ma ho colto la citazione di Aristotele. Ho capito inoltre che pure la tua è una cultura per sentito dire.
Passi interminabili minuti a spiegarmi che l'essere umano per essere completo ha bisogno della sua altra metà. Cioè mi fai capire che hai visto il film di Aldo, Giovanni e Giacomo dove viene citato Platone e il mito della mela.
Adesso voglio farti una domanda. Prima però prova ad immaginarti la scena.
Hai 30 anni, stai dormendo nella tua casa acquistata con un mutuo trentennale che ha ucciso ogni tuo sogno giovanile, sei sdraiata vicino all'uomo che ami e che hai trovato dopo tanto cercare ed infinite delusioni. Tuo figlio di pochi mesi non dorme nella stanza affianco e fa di tutto per fartelo capire. Hai raggiunto il tuo scopo. Ora sei felice. Eppure non riesci a dormire. E sai perchè? Perchè sei pervasa da quella sensazione di esserti persa qualcosa. Qualcosa di irripetibile, che non tornerà mai per quanto tu possa cercarlo. Quella sensazione di non aver vissuto fino in fondo ogni maledetto momento. Quel fottutissimo istante che avrebbe potuto aggiungere quel tocco di colore alla tua vita pur dignitosissima e invidiabile. Ed è proprio allora che sentirai la mia voce stridula e avulsa da ogni contesto che ti dirà "E adesso come ti senti?".
Sola. Maledettamente ed inspiegabilmente sola.
Ancora, chi pensi che troverai la mattina successiva davanti allo specchio, con le borse agli occhi per la nottata insonne appena trascorsa, se non te stessa?
La verità è che siamo soli. Siamo soltanto delle unità che hanno la facoltà di interagire con altre unità che non in tutti i casi hanno piena coscenza di esserlo.
Non preoccuparti, la situazione non è così tragica. Bisogna solo averne consapevolezza così da godere in pieno di ogni momento con gli altri, per avere la forza di non tirarsi mai indietro di fronte al futuro eventuale che ci si proietta davanti. Non potremo mai guardarci indietro senza provare alcun rimorso, ma non sarebbe così male avere almeno la consapevolezza di averci provato fino in fondo.

sabato 25 ottobre 2008

Who will be another line on the net...?

Ringrazio davvero il mio ospite blogger che scrive sempre cose un sacco interessanti e che mi prendono in particolar modo...maledetto!
Fondamentalmente mi ritrovo mooolto spesso in quello che imprime.
Ma veniamo a noi.
Sarà sicuramente una necessità quella di voler essere un piccolo mattoncino di un muro che ci fa sentire parte di una collettività che ormai ci appartiene più che mai.
Qualunque finestra interattiva è una parte di noi stessi esposti al mondo, volenti o no il puntatore del mouse ci clikka in continuazione e ci prende di mira.
Giorno dopo giorno, amici che si aggiungono e che nemmeno saluti per strada diventano nuova parte della rete che si estende e si lascia attraversare da informazioni che si trasmettono ovunque e a chiunque.
Diventiamo parte della rete che, sempre più fitta, spero non arrivi ad intrappolarci e soffocarci, rischiando di abusarne.
Il mio non è catastrofismo telematico, ma sta di fatto che, parlando di comunicazione verbale, è sempre meno facile trovare persone che siano aperte ad un dialogo senza dare in escandescenza e comprendere che si può essere civili.
Non dico che la comunicazione tecnologica non sia adatta per le discussioni, anzi, si discute più nei blog che nella vita di tutti i giorni, solo che ad un confronto FACE TO FACE si arriva subito al litigio. Almeno questo è quello che riscontro io.
Essendo una NET ADDICTED mi prendo tutto quello che offre ma anche quello che c'è di negativo, sta di fatto che è l'unico modo per sentirmi libera e sfogare, seppur in maniera indiretta quello che ho da dire.
Aspettando altre linee che si anastomizzeranno nella rete, who will be anotherone line!?

lunedì 20 ottobre 2008

Sopra le foglie come le foglie

Voglio cominciare ringraziando Monique. Non solo perchè mi da la possibilità di occupare il suo spazio, di scrivere e infastidirvi con i miei pensieri ogniqualvolta me ne venga voglia, ma anche perchè mi da la possibilità di riflettere sul perchè, ad un certo punto della tua vita, quando cominci a capire che hai preso con troppa leggerezza la decisione di iscriverti ai vari Messenger, MySpace, Facebook e Netlog, senti la necessità di arricchire l'elenco dei tuoi beni virtuali con un blog.
Il fatto è che curo un blog da oramai un anno, ma non mi sono mai soffermato a riflettere su tutto questo. Uno dei tanti momenti della mia vita in cui ho avuto fretta e che meritavano invece più attenzione.
In effetti è impresa piuttosto difficile decrittare la stele di Rosetta delle motivazioni che spingono una persona a comunicare. Penso che sia più che altro una necessità. Rousseau diceva che nasciamo due volte, una all'esistenza e una alla vita. Nascere all'esistenza vuol dire diventare esseri umani e nascere alla vita significa diventare uomini. Dunque il cambiamento da uno stato all'altro è dato, sul piano sociale, quando cominciamo a sviluppare la dipendenza dagli altri e dal comunicare con loro e, sul piano personale, quando la sviluppiamo dalle nostre abitudini. E si perchè un bambino di due anni fa una fatica tremenda a farsi capire ed è disposto ad affrontarla solo se strettamente necessario. Poi, crescendo, la comunicazione diventa routine, spesso fine a se stessa, cioè non mossa da uno scopo pragmatico, e quindi, paradossalmente, essenziale.
Ancora una cosa: cosa pensate che siano blog, chat, forum, internet, televisione, radio, pub, discoteche, bar, centri commerciali e dio stesso se non strumenti o simboli che hanno lo scopo di farci sentire meno soli e senza appigli? In ogni caso non scordiamoci mai che sono tutte nostre creazioni e potremmo di conseguenza farle scomparire non appena lo volessimo.
Vabbè basta, vi ho (e mi sono) già rotto le palle con i miei discorsi da personcina seria. Vado a farmi una birretta.
Ah già, dimenticavo, considerate pure che scrivere è un'ottima terapia per non morire di rabbia.
Sperando di offrirvi una lettura interessante e di non cadere inutilmente come una foglia sopra altre foglie, o essere la celeberrima foglia che fa traboccare il mucchio, vi saluto e vi aspetto alla prossima. Voi lo farete?
May Pink Floyd forgive me...don't be another brick in the wall!!

ANNA MOLLY _IV_Cap

“Sono fuori che guardo le stelle, quelle poche che il mio sguardo può scorgere e scegliere tra le più visibili. L’unica domanda che viene da pormi in questo momento è se qualcuno sa dove sto andando e quale sarà la mia strada, che vedo di giorno in giorno sempre più ostacolata!
Come sempre sento addosso lo sfrenato sentimento della fuga da questa situazione che non mi fa sentire a mio agio. Questo posto mi fa solo assaporare cose negative che non fanno altro che turbare la mia mente labile e poco penetrabile allo stesso tempo.
Sento di volermene andare, ma anche rimanere, che fare allora? Non ho mai seguito il mio istinto, né un impulso, ho sempre riflettuto su tutto quello che ho fatto e faccio. Ho voglia di lasciarmi andare e non seguire più questa monotonia.”


“Mente scoppiata, mente arrabbiata,
non un lamento, non un fermento.
Tace insolente nel suo mondo latente,
cercando risposte al suo intenso malore
che altro non fa che portarle dolore.”

“Patetico sorriso
abbozzato su quel viso,
riportando sul volto
ciò che per lei non vale molto.
Amante di se stessa si protegge,
scalfendo in essa ciò che per lei è legge”

“Ecco che arriva un respiro,
si spegne e sola la lascia e
non la riprende perché sbadato;
lei cade ma non si fa male
perché le sue braccia più forti di prima,
la salveranno nel futuro lontano.
Morbidi gli occhi di chi la guarda,
che non vedono quello che è,
ma ciò che appare;
lei soffre per questo e
ne sente il riflesso.
Punta il sentiero sempre scosceso,
rotolano sassi giù nella foga,
l’arrivo è lontano,
ma lei non si ferma.”

Molly quando scriveva aveva solo voglia di sfogarsi un po’, ma si capiva che non era solo quello il modo in cui lo faceva.
Le piaceva scrivere, a volte lo faceva per diletto, metteva giù qualche storiella, favoletta, ma quando decideva di scrivere per aprirsi, spaventava solo leggere le prime parole delle sue righe.
Non avrei mai immaginato potesse avere tanta sofferenza in grembo e tanta depressione, perché di questo si trattava.
Nelle sue parole si scorgeva sempre una facile ironia e sarcasmo che non facevano mai pensare al suo disagio, ma pensandoci bene, alcuni allarmi lei li lanciava, ma nessuno è stato mai in grado di afferrarli per aiutala. Non capivo il perché della sua irrequietezza, avendola sempre vista come una ragazza attiva e piena di sé non potevo certo immaginare che era dovuto al fatto della sua crisi.
Aveva una maschera assolutamente perfetta per tutto ciò, era brava a non calarsela in presenza degli altri. Faceva sempre il suo gioco, le sue battute, forse perché quando era in compagnia non le passava per la testa alcun pensiero, mentre invece, quando rimaneva sola, le balenavano alla mente le sue paure e le sue ossessioni.
I versi che tramutava in poesie li scriveva su pezzi di carta che rimanevano sparsi per la camera, poi ad un certo punto li recuperava e trascriveva tutto su un carinissimo taccuino bianco fatto con carta artigianale, anche quello fu un regalo di Margaret. Stava molto attenta a non lasciare nemmeno uno spazio vuoto per non completarlo in poco tempo e lo portava sempre con sé.

ANNA MOLLY _III_Cap

“Spesso mi domando se c’è una giustizia in questa vita…non si è mai come si vorrebbe essere, non si è mai dove si vorrebbe essere e non ci si sente quello che invece si è.
Ma non solo questo, mi rendo conto sempre di più che questo modo di vedere le cose rischia solo di danneggiarmi e sarà proprio il caso di reagire… non credo che continuando così possa seriamente andare da qualche parte.
Mi guardo intorno e le persone che mi circondano spesso mi lasciano sempre più interdetta…mha!
Vorrei solo che esistesse in po’ di coerenza tra il dire e il fare di qualcuno…che disastro, io che mi perdo dietro queste cose che hanno il peso pari a quello di una zanzara che riesce a tenersi in equilibrio sul pelo dell’acqua.
Spesso la superficialità porta a dire e fare cose contraddittorie, ma non possono sfiorare il paradosso!
Forse è colpa mia se ho fatto credere alcune cose pur lasciando cadere le questioni, pur di non rischiare di ricominciare altre discussioni pressoché inutili.
Le esperienze fanno crescere, ed è vero, ma mi sento particolarmente estranea rispetto a chi mi circonda che ragiona in maniera sconnessa, ma per questo devo solo ringraziare me stessa per certi aspetti, ma soprattutto chi mi ha fatto crescere con certi valori, dei quali ne vado certamente fiera.
Quando si è troppo piccoli certe fortune non le si capiscono.”

La sua famiglia era una di quelle abbastanza normali. Dico abbastanza perché Margaret aveva un lavoro dignitoso, ben retribuito, non si lamentavano per questo, ma Dann era spesso fuori per lavoro. Capitava che non tornasse per diverso tempo, ma ormai l’abitudine era diventata tale da quasi non farci più caso, ma forse era meglio prestarci attenzione.
Anna Molly voleva bene alla sua famiglia, specialmente a sua sorella Penny.
Penny adorava gli animali. I cani la facevano impazzire ma non potevano tenerne in casa perché Geremy era allergico. Geremy aveva solo 3 anni. Coccolato in ogni momento da tutte le donne di casa. Un piccolo batuffolo da accudire e far sentire amato. Era l’unico a sentirsi tale.
In famiglia ognuno aveva il proprio ruolo, Molly essendo la più grande diventò una ragazza molto responsabile, forse troppo presto, e ciò non le permise di fare quegli sbagli che quelli della sua età avevano commesso e col tempo avrebbero imparato.

“Mi piacerebbe andare altrove, per “ricominciare”un’ altra vita, un altro modo di approcciarmi alle persone, in modo più dolce e meno sulla difensiva, come faccio sempre!
Infondo dov’è il problema? Dovrei semplicemente comportarmi come una ragazza normale!
Normale? Cos’è la normalità è un termine che a me rimane sempre più ostile da comprendere, nemmeno quelli che mi conoscono la usano per descrivermi, anzi sono quella strana!
Per me in un certo senso è un bene, ma ciò che è normale per me non lo è per loro ovviamente. Non chiedo molto, vorrei semplicemente fuggire (sto ascoltando “I miss You” degli Incubus)”.

Ad Anna Molly era sempre piaciuto molto viaggiare. I suoi genitori l’avevano sempre portata ovunque. Le sue prime vacanze le aveva passate su isolette sperdute ma paradisiache.
Forse l’indole della viaggiatrice le è rimasta da queste esperienze.
Il fatto era che la sua voglia di viaggiare si era tramutata in unica via di scampo da quella realtà in cui si era andata a ficcare.
Pensava che andare da un’altra parte lontano da casa l’avrebbe aiutata ad essere migliore ed avrebbe potuto far crescere una nuova forma di accettazione nei suoi confronti.
Aveva una marea di posters sospesi per la camera. Paesaggi di terre sconosciute e sperdute, che lei sognava come rifugi dalla paura di rimanere confinata nel luogo in cui viveva, dove non poteva né esprimersi né fare quello che desiderava. Sentiva la sua anima come se avesse le ali tarpate, con una fitta rete sopra, dove poteva guardare il cielo solo attraverso i piccoli fori per respirare.
Nella sua libreria teneva diverse recensioni di giornali e libri su viaggi e scoperte, storie e racconti di esperienze elettrizzanti a contatto con la natura e con la gente, ma soprattutto con la vita stessa.
Aveva un libro preferito, IL GRANDE BOH di Lorenzo Jovanotti, il suo primo libro sui viaggi, glie lo aveva regalato Margaret, forse ci teneva molto anche per quello.
Quando leggeva non le piaceva avere la musica o altri rumori attorno, lei diceva che in quei momenti quello che scorreva con gli occhi trasformava il luogo in cui era nella realtà che desiderava. Entrava direttamente nella narrazione, interagiva con essa, si immaginava parte della storia, protagonista della vita altrui che tanto auspicava potesse un giorno esser sua.

sabato 18 ottobre 2008

ANNA MOLLY _II_Cap

Ormai l’ossessione era diventata tale da dover essere sfogata in qualche modo, ma parlare non era mai stato il suo forte, né tanto meno esternare le emozioni.
Scriveva:

“Sono qui seduta in camera mia, sola.
In casa non c’è nessuno, la mia stanza è piena di noia e solo la musica può in qualche modo dare sollievo a questa solitudine.
La solitudine è la terapia di chi cerca di soffocare i propri pensieri negativi, ma spesso più che fare bene porta ad una vera e propria desolazione dell’essere, che può presentarsi in apparenza normale e sincero, ma non appena le luci puntate su di lui si dissolvono ecco la mutazione.
Un ampio manto nero si scioglie sulla persona che di nuovo cade, come chi brancola nel buio, in un buco detto solitudine. Io credo di essere una ragazza che sa stare ad ogni tipo di gioco, scherzo e situazione, so adeguarmi, ma poi appena l’attenzione finisce e scompare lentamente, si ritrova sola ad analizzare tutto ciò che è stato fatto e detto.
Una brutta abitudine questa che forse porterà non solo malinconia e nostalgia dei momenti felici che ormai sono svaniti, senza la giustificazione di qualcuno che ti possa spiegare perché certe cose debbono accadere.
Al momento è Alanise che cerca di svagarmi un po’ e ci sta riuscendo anche se continuano a venirmi in mente momenti, situazioni che vorrei rivivere o che forse è meglio dimenticare, e la mia mente e il mio animo soffrono per l’abbandono.
Mi sento sola, ma a quanto pare è soprattutto quando vorresti che qualcuno di speciale, e che ti reputi tale, ti sia vicino.
Ecco fatto, ora sono contenta, l’ho fatto, l’ho detto a me stessa”.

Non aveva tanta voglia di starsene chiusa in casa, soprattutto da sola, ma gli impegni erano diversi e lo studio ci metteva del suo.
La solitudine non solo la portava a riflettere, ma anche a crogiolarsi in quelle che erano state le sue esperienze più belle e significative e voleva riviverle, direi cosa quasi impossibile. Ecco che allora la solitudine diventava pesantezza e malessere dove ciò che contava era solo lei in quel momento, ed era per quel motivo che, in mezzo alla gente, voleva essere al centro dell’attenzione.
In quei momenti di solitudine si immergeva nella musica che più la aggradava.
Sì, Anna Molly aveva nella testa le note di una miriade di canzoni. Conosceva qualunque cosa a proposito di cantanti, gruppi sconosciuti, e amava barcamenarsi in generi che sentiva qua e là alla radio o leggeva sulle riviste, rigorosamente musicali.
Ogni giorno scaricava mp3 che ascoltava e riascoltava per capire cosa potessero trasmetterle.
Una volta era talmente famelica di canzoni che per ognuna cercava il testo, e se erano in inglese le traduceva. Forse era anche quello un modo per estraniarsi da quello che la circondava.
Anche se la porta della sua camera rimaneva sempre aperta.

“Finisco il mio ultimo desiderio di vita sfondando in ciò che per me era sempre stato falso ed ipocrita, ma che ho capito essere l’unico modo di entrare in contatto con quella strana gente che non fa parte del mio mondo che solo io vivo da normale.
Andata e ritorno, un viaggio pazzesco in un tunnel di lusso che porta da nessuna parte e fa tramontare per qualche momento quel te stesso che non ti piace.
Senza scopo fuggo da un’incertezza che corrode la mia anima, non sapendo che l’intimità del mio terrore porterà solo un assillo per me stessa, arriverà al limite della sopportazione.
Trasportata dall’effetto di qualcosa di cercato e mai trovato, considerato come mio unico atterraggio”.

C’era un momento in cui Anna Molly era talmente chiusa in sé stessa che nemmeno lei riusciva ad avere un rapporto con la sua vita. Tutto le sembrava strano ed anche chi la circondava sarebbe stato incomprensivo nei suoi confronti, dato che lei non dava a vedere la sua sofferenza.
Era convinta di poter controllare tutta quella sensazione che la invadeva, ma probabilmente non sapeva a cosa stesse andando incontro.
Il tempo passava, la situazione non era ancora tragica ma poteva diventarlo se non avesse ricorso a qualche riparo, si stava autodistruggendo.
Era arrivata al punto tale da giudicarsi in base a come gli altri giudicavano chi passasse loro vicino.
In alcuni momenti cercava di rinsavire facendosi un po’ di coraggio, ma era abbastanza debole da poter ricadere nei trabocchetti della sua stessa mente.

Dentro una notte

Ascolta la musica che entra nelle orecchie e le fa sue con il ritmo trotterellante di una notte che non vuole finire e si protrae all'esasperazione.
Chiude gli occhi qaundo tutto ti gira intorno, ritrova a stento quelli che conosce dopo aver riaperto lo sguardo al mondo. Non limita la sua stanchezza alla pista da ballo che diventa un palcoscenico con luci e colori. Ottica travisata da occhiali psichedelici e pupille dilatate assorte nella dinamica dei movimenti assillanti del ritmo che scalda le sinapsi sconnesse.
La sensazione della nuova carica adrenalinica si accende nel secondo momento quando crede che tutto sia finito , più va avanti e più sente salire quella volontà di evasione dal corpo e dalle membra, il volo di un'anima inconsolabile che si affoga nella volontà di un bicchiere.
Si stravolgono le inadeguatezze della vita, l'insaziabile sentimento del vuoto si protrae per kilometri di parole e si parla del nulla fino a quando non si cade di nuovo nella realtà del malessere e della periodica assenza spirituale.
Tace la melodia all'orecchio assordato e allora si parte per il viaggio di una nuova sensazione quella della totale assenza di sè in un luogo pieno stracolmo di persone.
L'egocentrismo inconscio di una considerazione bramata ma mai avuta.
Si spengono le luci e qualcuno riporta a casa la pelle.

venerdì 17 ottobre 2008

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ANNA MOLLY _I_Cap

Da un po’ di tempo a questa parte le cose per Anna Molly si stavano complicando.

Aveva sotto le sue mani la vita che scorreva senza che lei ne fosse abbastanza padrona, gli studi, lo sport, gli hobbies, si creava tutto troppo veloce senza lasciarle il tempo di assaporare i momenti.

Una sera, tornando a casa dopo gli allenamenti cercò di ricordare cosa avesse fatto dalla mattina fino a quel momento, e la sua mente era come se rifiutasse di arrivarci. Niente, non le era rimasto nulla in memoria, nemmeno il nome di quel ragazzo un sacco carino che le si era presentato nel primo pomeriggio.

Non capiva benissimo cosa le stesse succedendo, per la testa ne aveva sempre una da fare e mille a cui pensare.

Aveva una voglia matta di cambiare il mondo, come se avesse avuto per le mani una splendida bacchetta magica. Sapeva che sarebbe stato impossibile, ma per lei bisognava almeno tentare in tutte le cose: prima capire come funzionassero, poi adeguarsi ed agire di conseguenza.

Molly era una ragazza socievole, senza pretese dalla vita che faceva, ma sicuramente abbastanza sognatrice ed ambiziosa da farle desiderare il meglio per sé stessa. Il suo difetto era quello di immaginare il suo futuro in tutto e per tutto, quando forse sarebbe stato meglio vivere giorno dopo giorno e capire il presente. Diceva che se non si sapeva immaginare sé stessi a distanza di anni non si poteva vivere una vita soddisfacente, anche nell’imprevedibilità. Progettare ma senza eccedere nell’idealizzare un futuro irrealizzabile.

Alcuni giorni prendeva in mano il suo piccolo libro bianco e scriveva:

“In momenti di assunta astinenza

pervado i miei sensi con assidua indifferenza

fino a quando non capisci che è il momento di tentare.

Tentare di cambiare un qualcosa che ti appartiene,

tentare di sentire le emozioni che non hai mai provato,

tentare di posare lo sguardo su ciò che fin'ora era sconosciuto.

Provo a curiosare tra le quattro storie della mia vita

per capire cos'ho sbagliato,

per non cadere nello stesso errore.

E allora riscopro quello che mi era parso vano ed inutile fino a quel momento,

mi riapproprio della mia sensibilità e disagio in certe situazioni,

le trascrivo su carta per non dimenticarle,

ma so che prima o poi bruceranno come sapori di una notte d'estate.

Aspetto che le luci calino, la musica si alzi e il mondo si svegli,

aspetto che tutti abbiano modo di rendersi conto che vale la pena di

Tentare di cambiare un qualcosa che ti appartiene,

tentare di sentire le emozioni che non hai mai provato,

tentare di posare lo sguardo su ciò che fin'ora era sconosciuto”.

Per lei erano semplici parole buttate giù in un momento di sfogo letterario, le piaceva tenerle lì e rileggerle quando ne avesse avuto voglia.

Si trovava spesso da sola, non per sua scelta, o forse sì, ma a volte voleva avere spazio solo per sé, un po’ egoista nel negare la sua mente agli altri.

Non si sentiva a suo agio, per un periodo credeva fosse solo colpa sua se non riusciva ad avere una vita come gli altri.

A volte si comportava in modo strano, i suoi occhi diventavano tristi, lo sguardo si assentava e chiunque la incontrasse le chiedeva cosa avesse, ma nemmeno lei sapeva darsi una risposta.

Un giorno prima di uscire di casa, si diede un ultimo sguardo allo specchio, e notò come le sue espressioni facciali fossero sempre le stesse, una mimica che ormai era diventata la sua maschera.

Cominciò ad avere cattivi pensieri sulla sua personalità, carattere, come mai le rimanesse così difficile aprirsi agli altri, perché non riusciva a dimostrare loro tutto quello che aveva dentro, che valeva molto di più di quello che appariva.

Le sue amicizie erano belle, chi le stava accanto le ha sempre voluto bene per quella che era anche se non la capivano, ma lei era così e non cercavano di cambiarla.

Chi la conosceva da un po’ diceva che era “una ragazza particolare, non se ne trovano come lei, è simpatica, carina, ma non si sa mai fino a che punto prenderla sul serio e a che punto ci si può spingere!”.

Forse tutta quella particolarità era solo una semplice impalcatura difficile da smontare per sorreggere una fragilità che non doveva essere assolutamente intaccata, altrimenti sarebbe crollato l’equilibrio con cui si controllava.

Anna Molly aveva paura per la sua incolumità sentimentale.

Da quel punto di vista aveva sempre cercato di essere poco reperibile, mostrare poco di sé, svelare quel tanto per far avvicinare qualcuno per un contatto fisico, ma senza imbarcarsi in atteggiamenti e situazioni che avrebbero potuto danneggiarla psicologicamente; così abbandonava per prima.

A piccole dosi si concedeva delle storie alternate ad uscite occasionali, senza sbilanciarsi si accontentava e sopravviveva.

Dopo un po’ di tempo questa condizione aveva cominciato a pesarle, ma ormai era diventata un’abitudine ed era difficile uscirne.

Il fatto di voler cambiare a tutti i costi le fece crescere l’insicurezza verso le cose, la sua autostima non era più quella con la quale affrontava ogni giorno. Più andava avanti più aveva la sensazione che così com’era non andava assolutamente bene.

Il primo post blog

Il primo post blog è sempre quello peggiore..almeno credo. Non si sa mai cosa scrivere ed in attesa di una ispirazione butto giù quello che mi viene in mente cercando di azzeccare tutte le lettere sulla tastiera.
Ho l'impressione che ormai l'inflazione dei siti comunitari sia salita alle stelle. Non solo si sta ore davanti al Pc, ma ci si paralizza e si aspetta sempre che qualuno possa contattarti per avere la sensazione di essere "cagato" da qualcuno che non sia il tuo vicino di casa o la tua/o migliore amica/o. Il nuovo "mezzo di comunicazione" di comunicazione non ha poi così tanto. Anche le cose più banali diventano non proprio così comprensibili, generando terribili "missunderstanding" che sfociano nell'insoddisfazione, e il circolo vizioso continua alla ricerca di altro.
Per fortuna si ha un minimo di buonsenso e si esce comunque allo scoperto per prendere respiro da questa "droga", perchè di questo si tratta. Sfido voi a non connettervi per 1 settimana, senza mail, blog, facebook o quel che sia...!
Lo ammetto forse proprio io non ce la farei...mi piace troppo, è un modo per liberare la mente da un mondo reale che non mi piace e che reputo falso, falsissimo...qui invece trovo qualsiasi verità che mi interessa!
Mi piacciono tutti blog liberi liberissimi ed i siti di notiziari e giornali veri, come ARTICOLO 21, GRILLO e l' INTERNAZIONALE...
Dubito fortemente che le notizie che ci danno in televisione siano almeno 1/3 di quello che si legge nei suddetti siti!
Mi auguro che le persone non siano drogati solo della parte futile dei blog e dei siti comunitari, ma abbiano anche il coraggio di curiosare il mondo vero che gli appartiene, sul quale tutti viviamo nel bene e nel male.

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