venerdì 31 ottobre 2008

Ho capito da tempo che

Scrivo questo post usando un pastello a cera. Scrivo questo post per palrare del perchè cambiano le cose.
In effetti non saprei, qualcuno può parlare di panta rei, altri potrebbero parlare di transistasi e stati di aggregazione della materia a seconda della temperatura.
Ognuno ne parla a seconda del paradigma che usa per affrontare e risolvere problemi.
L'uomo della strada magari può rispondere che è inevitabile.
In realtà vi ho solo voluto portare fuori strada. Il punto è che vi ho appena dimostrato che essere critici è una perdita di tempo, non saprete mai se io abbia veramente scritto questo post con un pastello a cera prima di scannerizzarlo e farlo giungere ai vostri occhi. Mai.
Ecco perchè sono sempre così critico e non mi va mai bene niente. Perchè la vera essenza della mia vita si manifesta nei tempi morti, ad esempio quando scrivo.
Ecco anche perchè quando mi sento dare dello stronzo posso permettermi di rispondere al mio simpatico interlocutore di stare molto attento. Non vorrei che perdesse il suo tempo!

Mera Vita

Cala sul viso un velo che è tinteggiato di rosso, si compre come avesse vergogna di quello che ha appena compiuto. Scende a compromessi per non avere i soliti sensi di colpa e allora prende le sue cose e toglie il disturbo.
Camminando si accorge che quello che prova non è tanto dovuto a quello che ha commesso, quanto a non aver fatto nulla per far sì che non avvenisse.
Si precipita in un bar, cerca qualche sollazzo bevendo qua e là e, prima che cada nel sonno profondo, medita sulle sue cazzutissime scelte di vita, sempre e solo basate sull'opportunismo e sulla presa di una posizione di convenienza.
Crolla.
Nel sogno si dimena come un bambino che fa i capricci; tutto quello che aveva voluto per sè stesso fino a quel momento gli si stava ritorcendo contro, ogni suo modo di agire e fare con le persone stavano diventando una persecuzione non molto chiara nella sua mente. Allora continuava a bere e sollazzarsi con quello che gli capitava a tiro. Cadeva da uno sballo all'altro quando, poi, una persona lo prese per sotto le spalle e lo incoraggiò ad essere un altro.

Prese così la decisione di riprendere le redini della sua vita, sempre e comunque con quella persona accanto, perchè da soli non si può nulla (o quasi).
Quella persona sapeva come dargli fiducia ed autostima allo stesso tempo, rassicurandolo che seppur il mondo prende una piega di merda il modo per affrontarlo lo si trova, senza sfuggirgli con sotterfugi e magie da illusionisti.
Praparava così la sua esistenza alla nuova rinascita dove il centro di tutto era lui ma come riferimento aveva gli altri.
Spulciava le righe dell'agenda quando trovò scritto:
"Amerai chi non ama te e per questo soffrirai"
Si sveglia di soprassalto.
Era solo un fottutissimo incubo.

giovedì 30 ottobre 2008

Come mai è tutto così?

La considerazione che ho di questo Paese è pressochè crollata vertiginosamente da un po' di anni a questa parte, proprio come l'andamento delle borse di questi giorni.
Motivi? Vicende ed avvenimenti che fanno rabbrividire, come si stesse guardando un film americano sulla disgregazione sociale di una Nazione, da qualsiasi punto di vista.
Quando mi alzo la mattina non so nemmeno con quale spitiro affrontare la giornata.
Apro la finestra e respiro quella poca aria pulita che è rimasta e cerco di non farmi sopraffare dall'amarezza delle notizie del telegiornale. Dalla cronaca alle "novità politiche" sento salire dalle viscere fino allo stomaco il magone ansiogeno, che blocca le attività vitali lasciandomi attonita ed interdetta difronte a cotante orride apparizioni.
Cerco di intraprendere un percorso mentale che mi porti dove abbia il coraggio di reagire, tento con ogni attività di poter cambiare qualcosa, ma quando vedi che gli sforzi che fai non portano da nessuna parte, ecco che la voglia di abbandonare ti persuade.
Forse siamo troppo abituati al "tutto e subito", quando invece bisogna perseverare e continuare ad andare avanti con le proprie convinzioni e valori, trasmettendoli a chi non ne conosce neppure mezzo.
Ho avuto momenti in cui il mio Paese mi è mancato, lo ammetto, nel bene e nel male ho provato quel senso di nostalgia, ed è per questo che odio rimanere a guardare tutta questa deriva.
Non sopporto di stare con le mani in mano quando sento che tutt'intorno si genera odio, falsità e opportunismo, di cui tutti si nutrono indipendentemente dalla posizione sociale e pensiero politico.
Siamo tutti ninfomani di arrivismo dove vince chi fotte di più gli altri.
Mi duole dire che la capacità delle persone, in questo senso, si sta affinando sempre di più. Doppie facce che distolgono lo sguardo dal buonsenso e dalla propria considerazione personale.
Vigliaccheria, stupidità, cupidigia e ignoraza..Ah Beata Ignoranza..
Basta accendere lo schermo del "Totem" che padroneggia il salotto di casa per avere la rivelazione del Mondo dell'Imbecillità come una delle verità nascoste, ma che ogni giorno abbiamo davanti.

domenica 26 ottobre 2008

Partire per non tornare

Un solo biglietto, ANDATA.
Vorresti trovarti a sedere su un qualunque sedile di un mezzo di trasporto ed evadere da una normalità che dopo poco ti arriva contunuamente sulle palle. Allora ti inoltri in ambienti e situazioni che possono sembrarti nuovi, ma che poi ripercorrono quel circolo vizioso che si risolve nella quotidianità.
Al finestrino guardi e scruti i diversi paesaggi che scorrono agli occhi, come una pellicola ininterrotta che non ti permette di carpire i particoloari. Non un ambiente amico, tutto da ricostruire, ma nelle piccole cose ritrovi te stesso e lo indirizzi su quello che capisci essere la tua vera essenza. Un sentimento di novità risveglia gli stimoli della fantasia oppressa da troppo tempo e riallaccia quelle sinapsi che non sapevano più di esistere e la creatività si sprigiona.
Le persone che vedi hanno tutte il volto coperto da una maschera di carta pesta che presenta le grinze delle loro preoccupazioni. Non una che presenti il sorriso della felicità di vivere e il loro specchio dell'anima è incomprensibile, se non attraverso lo sguardo traverso e sfuggente.
Nel viaggio non hai una meta da raggiungere,e non capisci di essere capace di trasmettere qualcosa che hai dentro, e non hai ancora capito a cosa serva.
Solo affrontando tutto ad occhi aperti sai rapportarti con persone e realtà.
Non vorrai mai più tornare al tuo posto una volta scoperto che c'è di meglio per poter vivere sè stessi.
Il centro nevralgico dell'esistenza in un cervello che non ha pace, in un corpo che non ha forma e che ha deciso di partire per non tornare.

Dell'amore e delle cose che ritieni importanti

Mi parli dell'amore come motore immobile che tutto muove. Pensi che non me ne sia accorto perchè non te lo dico, ma ho colto la citazione di Aristotele. Ho capito inoltre che pure la tua è una cultura per sentito dire.
Passi interminabili minuti a spiegarmi che l'essere umano per essere completo ha bisogno della sua altra metà. Cioè mi fai capire che hai visto il film di Aldo, Giovanni e Giacomo dove viene citato Platone e il mito della mela.
Adesso voglio farti una domanda. Prima però prova ad immaginarti la scena.
Hai 30 anni, stai dormendo nella tua casa acquistata con un mutuo trentennale che ha ucciso ogni tuo sogno giovanile, sei sdraiata vicino all'uomo che ami e che hai trovato dopo tanto cercare ed infinite delusioni. Tuo figlio di pochi mesi non dorme nella stanza affianco e fa di tutto per fartelo capire. Hai raggiunto il tuo scopo. Ora sei felice. Eppure non riesci a dormire. E sai perchè? Perchè sei pervasa da quella sensazione di esserti persa qualcosa. Qualcosa di irripetibile, che non tornerà mai per quanto tu possa cercarlo. Quella sensazione di non aver vissuto fino in fondo ogni maledetto momento. Quel fottutissimo istante che avrebbe potuto aggiungere quel tocco di colore alla tua vita pur dignitosissima e invidiabile. Ed è proprio allora che sentirai la mia voce stridula e avulsa da ogni contesto che ti dirà "E adesso come ti senti?".
Sola. Maledettamente ed inspiegabilmente sola.
Ancora, chi pensi che troverai la mattina successiva davanti allo specchio, con le borse agli occhi per la nottata insonne appena trascorsa, se non te stessa?
La verità è che siamo soli. Siamo soltanto delle unità che hanno la facoltà di interagire con altre unità che non in tutti i casi hanno piena coscenza di esserlo.
Non preoccuparti, la situazione non è così tragica. Bisogna solo averne consapevolezza così da godere in pieno di ogni momento con gli altri, per avere la forza di non tirarsi mai indietro di fronte al futuro eventuale che ci si proietta davanti. Non potremo mai guardarci indietro senza provare alcun rimorso, ma non sarebbe così male avere almeno la consapevolezza di averci provato fino in fondo.

sabato 25 ottobre 2008

Who will be another line on the net...?

Ringrazio davvero il mio ospite blogger che scrive sempre cose un sacco interessanti e che mi prendono in particolar modo...maledetto!
Fondamentalmente mi ritrovo mooolto spesso in quello che imprime.
Ma veniamo a noi.
Sarà sicuramente una necessità quella di voler essere un piccolo mattoncino di un muro che ci fa sentire parte di una collettività che ormai ci appartiene più che mai.
Qualunque finestra interattiva è una parte di noi stessi esposti al mondo, volenti o no il puntatore del mouse ci clikka in continuazione e ci prende di mira.
Giorno dopo giorno, amici che si aggiungono e che nemmeno saluti per strada diventano nuova parte della rete che si estende e si lascia attraversare da informazioni che si trasmettono ovunque e a chiunque.
Diventiamo parte della rete che, sempre più fitta, spero non arrivi ad intrappolarci e soffocarci, rischiando di abusarne.
Il mio non è catastrofismo telematico, ma sta di fatto che, parlando di comunicazione verbale, è sempre meno facile trovare persone che siano aperte ad un dialogo senza dare in escandescenza e comprendere che si può essere civili.
Non dico che la comunicazione tecnologica non sia adatta per le discussioni, anzi, si discute più nei blog che nella vita di tutti i giorni, solo che ad un confronto FACE TO FACE si arriva subito al litigio. Almeno questo è quello che riscontro io.
Essendo una NET ADDICTED mi prendo tutto quello che offre ma anche quello che c'è di negativo, sta di fatto che è l'unico modo per sentirmi libera e sfogare, seppur in maniera indiretta quello che ho da dire.
Aspettando altre linee che si anastomizzeranno nella rete, who will be anotherone line!?

lunedì 20 ottobre 2008

Sopra le foglie come le foglie

Voglio cominciare ringraziando Monique. Non solo perchè mi da la possibilità di occupare il suo spazio, di scrivere e infastidirvi con i miei pensieri ogniqualvolta me ne venga voglia, ma anche perchè mi da la possibilità di riflettere sul perchè, ad un certo punto della tua vita, quando cominci a capire che hai preso con troppa leggerezza la decisione di iscriverti ai vari Messenger, MySpace, Facebook e Netlog, senti la necessità di arricchire l'elenco dei tuoi beni virtuali con un blog.
Il fatto è che curo un blog da oramai un anno, ma non mi sono mai soffermato a riflettere su tutto questo. Uno dei tanti momenti della mia vita in cui ho avuto fretta e che meritavano invece più attenzione.
In effetti è impresa piuttosto difficile decrittare la stele di Rosetta delle motivazioni che spingono una persona a comunicare. Penso che sia più che altro una necessità. Rousseau diceva che nasciamo due volte, una all'esistenza e una alla vita. Nascere all'esistenza vuol dire diventare esseri umani e nascere alla vita significa diventare uomini. Dunque il cambiamento da uno stato all'altro è dato, sul piano sociale, quando cominciamo a sviluppare la dipendenza dagli altri e dal comunicare con loro e, sul piano personale, quando la sviluppiamo dalle nostre abitudini. E si perchè un bambino di due anni fa una fatica tremenda a farsi capire ed è disposto ad affrontarla solo se strettamente necessario. Poi, crescendo, la comunicazione diventa routine, spesso fine a se stessa, cioè non mossa da uno scopo pragmatico, e quindi, paradossalmente, essenziale.
Ancora una cosa: cosa pensate che siano blog, chat, forum, internet, televisione, radio, pub, discoteche, bar, centri commerciali e dio stesso se non strumenti o simboli che hanno lo scopo di farci sentire meno soli e senza appigli? In ogni caso non scordiamoci mai che sono tutte nostre creazioni e potremmo di conseguenza farle scomparire non appena lo volessimo.
Vabbè basta, vi ho (e mi sono) già rotto le palle con i miei discorsi da personcina seria. Vado a farmi una birretta.
Ah già, dimenticavo, considerate pure che scrivere è un'ottima terapia per non morire di rabbia.
Sperando di offrirvi una lettura interessante e di non cadere inutilmente come una foglia sopra altre foglie, o essere la celeberrima foglia che fa traboccare il mucchio, vi saluto e vi aspetto alla prossima. Voi lo farete?
May Pink Floyd forgive me...don't be another brick in the wall!!

ANNA MOLLY _IV_Cap

“Sono fuori che guardo le stelle, quelle poche che il mio sguardo può scorgere e scegliere tra le più visibili. L’unica domanda che viene da pormi in questo momento è se qualcuno sa dove sto andando e quale sarà la mia strada, che vedo di giorno in giorno sempre più ostacolata!
Come sempre sento addosso lo sfrenato sentimento della fuga da questa situazione che non mi fa sentire a mio agio. Questo posto mi fa solo assaporare cose negative che non fanno altro che turbare la mia mente labile e poco penetrabile allo stesso tempo.
Sento di volermene andare, ma anche rimanere, che fare allora? Non ho mai seguito il mio istinto, né un impulso, ho sempre riflettuto su tutto quello che ho fatto e faccio. Ho voglia di lasciarmi andare e non seguire più questa monotonia.”


“Mente scoppiata, mente arrabbiata,
non un lamento, non un fermento.
Tace insolente nel suo mondo latente,
cercando risposte al suo intenso malore
che altro non fa che portarle dolore.”

“Patetico sorriso
abbozzato su quel viso,
riportando sul volto
ciò che per lei non vale molto.
Amante di se stessa si protegge,
scalfendo in essa ciò che per lei è legge”

“Ecco che arriva un respiro,
si spegne e sola la lascia e
non la riprende perché sbadato;
lei cade ma non si fa male
perché le sue braccia più forti di prima,
la salveranno nel futuro lontano.
Morbidi gli occhi di chi la guarda,
che non vedono quello che è,
ma ciò che appare;
lei soffre per questo e
ne sente il riflesso.
Punta il sentiero sempre scosceso,
rotolano sassi giù nella foga,
l’arrivo è lontano,
ma lei non si ferma.”

Molly quando scriveva aveva solo voglia di sfogarsi un po’, ma si capiva che non era solo quello il modo in cui lo faceva.
Le piaceva scrivere, a volte lo faceva per diletto, metteva giù qualche storiella, favoletta, ma quando decideva di scrivere per aprirsi, spaventava solo leggere le prime parole delle sue righe.
Non avrei mai immaginato potesse avere tanta sofferenza in grembo e tanta depressione, perché di questo si trattava.
Nelle sue parole si scorgeva sempre una facile ironia e sarcasmo che non facevano mai pensare al suo disagio, ma pensandoci bene, alcuni allarmi lei li lanciava, ma nessuno è stato mai in grado di afferrarli per aiutala. Non capivo il perché della sua irrequietezza, avendola sempre vista come una ragazza attiva e piena di sé non potevo certo immaginare che era dovuto al fatto della sua crisi.
Aveva una maschera assolutamente perfetta per tutto ciò, era brava a non calarsela in presenza degli altri. Faceva sempre il suo gioco, le sue battute, forse perché quando era in compagnia non le passava per la testa alcun pensiero, mentre invece, quando rimaneva sola, le balenavano alla mente le sue paure e le sue ossessioni.
I versi che tramutava in poesie li scriveva su pezzi di carta che rimanevano sparsi per la camera, poi ad un certo punto li recuperava e trascriveva tutto su un carinissimo taccuino bianco fatto con carta artigianale, anche quello fu un regalo di Margaret. Stava molto attenta a non lasciare nemmeno uno spazio vuoto per non completarlo in poco tempo e lo portava sempre con sé.

ANNA MOLLY _III_Cap

“Spesso mi domando se c’è una giustizia in questa vita…non si è mai come si vorrebbe essere, non si è mai dove si vorrebbe essere e non ci si sente quello che invece si è.
Ma non solo questo, mi rendo conto sempre di più che questo modo di vedere le cose rischia solo di danneggiarmi e sarà proprio il caso di reagire… non credo che continuando così possa seriamente andare da qualche parte.
Mi guardo intorno e le persone che mi circondano spesso mi lasciano sempre più interdetta…mha!
Vorrei solo che esistesse in po’ di coerenza tra il dire e il fare di qualcuno…che disastro, io che mi perdo dietro queste cose che hanno il peso pari a quello di una zanzara che riesce a tenersi in equilibrio sul pelo dell’acqua.
Spesso la superficialità porta a dire e fare cose contraddittorie, ma non possono sfiorare il paradosso!
Forse è colpa mia se ho fatto credere alcune cose pur lasciando cadere le questioni, pur di non rischiare di ricominciare altre discussioni pressoché inutili.
Le esperienze fanno crescere, ed è vero, ma mi sento particolarmente estranea rispetto a chi mi circonda che ragiona in maniera sconnessa, ma per questo devo solo ringraziare me stessa per certi aspetti, ma soprattutto chi mi ha fatto crescere con certi valori, dei quali ne vado certamente fiera.
Quando si è troppo piccoli certe fortune non le si capiscono.”

La sua famiglia era una di quelle abbastanza normali. Dico abbastanza perché Margaret aveva un lavoro dignitoso, ben retribuito, non si lamentavano per questo, ma Dann era spesso fuori per lavoro. Capitava che non tornasse per diverso tempo, ma ormai l’abitudine era diventata tale da quasi non farci più caso, ma forse era meglio prestarci attenzione.
Anna Molly voleva bene alla sua famiglia, specialmente a sua sorella Penny.
Penny adorava gli animali. I cani la facevano impazzire ma non potevano tenerne in casa perché Geremy era allergico. Geremy aveva solo 3 anni. Coccolato in ogni momento da tutte le donne di casa. Un piccolo batuffolo da accudire e far sentire amato. Era l’unico a sentirsi tale.
In famiglia ognuno aveva il proprio ruolo, Molly essendo la più grande diventò una ragazza molto responsabile, forse troppo presto, e ciò non le permise di fare quegli sbagli che quelli della sua età avevano commesso e col tempo avrebbero imparato.

“Mi piacerebbe andare altrove, per “ricominciare”un’ altra vita, un altro modo di approcciarmi alle persone, in modo più dolce e meno sulla difensiva, come faccio sempre!
Infondo dov’è il problema? Dovrei semplicemente comportarmi come una ragazza normale!
Normale? Cos’è la normalità è un termine che a me rimane sempre più ostile da comprendere, nemmeno quelli che mi conoscono la usano per descrivermi, anzi sono quella strana!
Per me in un certo senso è un bene, ma ciò che è normale per me non lo è per loro ovviamente. Non chiedo molto, vorrei semplicemente fuggire (sto ascoltando “I miss You” degli Incubus)”.

Ad Anna Molly era sempre piaciuto molto viaggiare. I suoi genitori l’avevano sempre portata ovunque. Le sue prime vacanze le aveva passate su isolette sperdute ma paradisiache.
Forse l’indole della viaggiatrice le è rimasta da queste esperienze.
Il fatto era che la sua voglia di viaggiare si era tramutata in unica via di scampo da quella realtà in cui si era andata a ficcare.
Pensava che andare da un’altra parte lontano da casa l’avrebbe aiutata ad essere migliore ed avrebbe potuto far crescere una nuova forma di accettazione nei suoi confronti.
Aveva una marea di posters sospesi per la camera. Paesaggi di terre sconosciute e sperdute, che lei sognava come rifugi dalla paura di rimanere confinata nel luogo in cui viveva, dove non poteva né esprimersi né fare quello che desiderava. Sentiva la sua anima come se avesse le ali tarpate, con una fitta rete sopra, dove poteva guardare il cielo solo attraverso i piccoli fori per respirare.
Nella sua libreria teneva diverse recensioni di giornali e libri su viaggi e scoperte, storie e racconti di esperienze elettrizzanti a contatto con la natura e con la gente, ma soprattutto con la vita stessa.
Aveva un libro preferito, IL GRANDE BOH di Lorenzo Jovanotti, il suo primo libro sui viaggi, glie lo aveva regalato Margaret, forse ci teneva molto anche per quello.
Quando leggeva non le piaceva avere la musica o altri rumori attorno, lei diceva che in quei momenti quello che scorreva con gli occhi trasformava il luogo in cui era nella realtà che desiderava. Entrava direttamente nella narrazione, interagiva con essa, si immaginava parte della storia, protagonista della vita altrui che tanto auspicava potesse un giorno esser sua.

sabato 18 ottobre 2008

ANNA MOLLY _II_Cap

Ormai l’ossessione era diventata tale da dover essere sfogata in qualche modo, ma parlare non era mai stato il suo forte, né tanto meno esternare le emozioni.
Scriveva:

“Sono qui seduta in camera mia, sola.
In casa non c’è nessuno, la mia stanza è piena di noia e solo la musica può in qualche modo dare sollievo a questa solitudine.
La solitudine è la terapia di chi cerca di soffocare i propri pensieri negativi, ma spesso più che fare bene porta ad una vera e propria desolazione dell’essere, che può presentarsi in apparenza normale e sincero, ma non appena le luci puntate su di lui si dissolvono ecco la mutazione.
Un ampio manto nero si scioglie sulla persona che di nuovo cade, come chi brancola nel buio, in un buco detto solitudine. Io credo di essere una ragazza che sa stare ad ogni tipo di gioco, scherzo e situazione, so adeguarmi, ma poi appena l’attenzione finisce e scompare lentamente, si ritrova sola ad analizzare tutto ciò che è stato fatto e detto.
Una brutta abitudine questa che forse porterà non solo malinconia e nostalgia dei momenti felici che ormai sono svaniti, senza la giustificazione di qualcuno che ti possa spiegare perché certe cose debbono accadere.
Al momento è Alanise che cerca di svagarmi un po’ e ci sta riuscendo anche se continuano a venirmi in mente momenti, situazioni che vorrei rivivere o che forse è meglio dimenticare, e la mia mente e il mio animo soffrono per l’abbandono.
Mi sento sola, ma a quanto pare è soprattutto quando vorresti che qualcuno di speciale, e che ti reputi tale, ti sia vicino.
Ecco fatto, ora sono contenta, l’ho fatto, l’ho detto a me stessa”.

Non aveva tanta voglia di starsene chiusa in casa, soprattutto da sola, ma gli impegni erano diversi e lo studio ci metteva del suo.
La solitudine non solo la portava a riflettere, ma anche a crogiolarsi in quelle che erano state le sue esperienze più belle e significative e voleva riviverle, direi cosa quasi impossibile. Ecco che allora la solitudine diventava pesantezza e malessere dove ciò che contava era solo lei in quel momento, ed era per quel motivo che, in mezzo alla gente, voleva essere al centro dell’attenzione.
In quei momenti di solitudine si immergeva nella musica che più la aggradava.
Sì, Anna Molly aveva nella testa le note di una miriade di canzoni. Conosceva qualunque cosa a proposito di cantanti, gruppi sconosciuti, e amava barcamenarsi in generi che sentiva qua e là alla radio o leggeva sulle riviste, rigorosamente musicali.
Ogni giorno scaricava mp3 che ascoltava e riascoltava per capire cosa potessero trasmetterle.
Una volta era talmente famelica di canzoni che per ognuna cercava il testo, e se erano in inglese le traduceva. Forse era anche quello un modo per estraniarsi da quello che la circondava.
Anche se la porta della sua camera rimaneva sempre aperta.

“Finisco il mio ultimo desiderio di vita sfondando in ciò che per me era sempre stato falso ed ipocrita, ma che ho capito essere l’unico modo di entrare in contatto con quella strana gente che non fa parte del mio mondo che solo io vivo da normale.
Andata e ritorno, un viaggio pazzesco in un tunnel di lusso che porta da nessuna parte e fa tramontare per qualche momento quel te stesso che non ti piace.
Senza scopo fuggo da un’incertezza che corrode la mia anima, non sapendo che l’intimità del mio terrore porterà solo un assillo per me stessa, arriverà al limite della sopportazione.
Trasportata dall’effetto di qualcosa di cercato e mai trovato, considerato come mio unico atterraggio”.

C’era un momento in cui Anna Molly era talmente chiusa in sé stessa che nemmeno lei riusciva ad avere un rapporto con la sua vita. Tutto le sembrava strano ed anche chi la circondava sarebbe stato incomprensivo nei suoi confronti, dato che lei non dava a vedere la sua sofferenza.
Era convinta di poter controllare tutta quella sensazione che la invadeva, ma probabilmente non sapeva a cosa stesse andando incontro.
Il tempo passava, la situazione non era ancora tragica ma poteva diventarlo se non avesse ricorso a qualche riparo, si stava autodistruggendo.
Era arrivata al punto tale da giudicarsi in base a come gli altri giudicavano chi passasse loro vicino.
In alcuni momenti cercava di rinsavire facendosi un po’ di coraggio, ma era abbastanza debole da poter ricadere nei trabocchetti della sua stessa mente.

Dentro una notte

Ascolta la musica che entra nelle orecchie e le fa sue con il ritmo trotterellante di una notte che non vuole finire e si protrae all'esasperazione.
Chiude gli occhi qaundo tutto ti gira intorno, ritrova a stento quelli che conosce dopo aver riaperto lo sguardo al mondo. Non limita la sua stanchezza alla pista da ballo che diventa un palcoscenico con luci e colori. Ottica travisata da occhiali psichedelici e pupille dilatate assorte nella dinamica dei movimenti assillanti del ritmo che scalda le sinapsi sconnesse.
La sensazione della nuova carica adrenalinica si accende nel secondo momento quando crede che tutto sia finito , più va avanti e più sente salire quella volontà di evasione dal corpo e dalle membra, il volo di un'anima inconsolabile che si affoga nella volontà di un bicchiere.
Si stravolgono le inadeguatezze della vita, l'insaziabile sentimento del vuoto si protrae per kilometri di parole e si parla del nulla fino a quando non si cade di nuovo nella realtà del malessere e della periodica assenza spirituale.
Tace la melodia all'orecchio assordato e allora si parte per il viaggio di una nuova sensazione quella della totale assenza di sè in un luogo pieno stracolmo di persone.
L'egocentrismo inconscio di una considerazione bramata ma mai avuta.
Si spengono le luci e qualcuno riporta a casa la pelle.

venerdì 17 ottobre 2008

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ANNA MOLLY _I_Cap

Da un po’ di tempo a questa parte le cose per Anna Molly si stavano complicando.

Aveva sotto le sue mani la vita che scorreva senza che lei ne fosse abbastanza padrona, gli studi, lo sport, gli hobbies, si creava tutto troppo veloce senza lasciarle il tempo di assaporare i momenti.

Una sera, tornando a casa dopo gli allenamenti cercò di ricordare cosa avesse fatto dalla mattina fino a quel momento, e la sua mente era come se rifiutasse di arrivarci. Niente, non le era rimasto nulla in memoria, nemmeno il nome di quel ragazzo un sacco carino che le si era presentato nel primo pomeriggio.

Non capiva benissimo cosa le stesse succedendo, per la testa ne aveva sempre una da fare e mille a cui pensare.

Aveva una voglia matta di cambiare il mondo, come se avesse avuto per le mani una splendida bacchetta magica. Sapeva che sarebbe stato impossibile, ma per lei bisognava almeno tentare in tutte le cose: prima capire come funzionassero, poi adeguarsi ed agire di conseguenza.

Molly era una ragazza socievole, senza pretese dalla vita che faceva, ma sicuramente abbastanza sognatrice ed ambiziosa da farle desiderare il meglio per sé stessa. Il suo difetto era quello di immaginare il suo futuro in tutto e per tutto, quando forse sarebbe stato meglio vivere giorno dopo giorno e capire il presente. Diceva che se non si sapeva immaginare sé stessi a distanza di anni non si poteva vivere una vita soddisfacente, anche nell’imprevedibilità. Progettare ma senza eccedere nell’idealizzare un futuro irrealizzabile.

Alcuni giorni prendeva in mano il suo piccolo libro bianco e scriveva:

“In momenti di assunta astinenza

pervado i miei sensi con assidua indifferenza

fino a quando non capisci che è il momento di tentare.

Tentare di cambiare un qualcosa che ti appartiene,

tentare di sentire le emozioni che non hai mai provato,

tentare di posare lo sguardo su ciò che fin'ora era sconosciuto.

Provo a curiosare tra le quattro storie della mia vita

per capire cos'ho sbagliato,

per non cadere nello stesso errore.

E allora riscopro quello che mi era parso vano ed inutile fino a quel momento,

mi riapproprio della mia sensibilità e disagio in certe situazioni,

le trascrivo su carta per non dimenticarle,

ma so che prima o poi bruceranno come sapori di una notte d'estate.

Aspetto che le luci calino, la musica si alzi e il mondo si svegli,

aspetto che tutti abbiano modo di rendersi conto che vale la pena di

Tentare di cambiare un qualcosa che ti appartiene,

tentare di sentire le emozioni che non hai mai provato,

tentare di posare lo sguardo su ciò che fin'ora era sconosciuto”.

Per lei erano semplici parole buttate giù in un momento di sfogo letterario, le piaceva tenerle lì e rileggerle quando ne avesse avuto voglia.

Si trovava spesso da sola, non per sua scelta, o forse sì, ma a volte voleva avere spazio solo per sé, un po’ egoista nel negare la sua mente agli altri.

Non si sentiva a suo agio, per un periodo credeva fosse solo colpa sua se non riusciva ad avere una vita come gli altri.

A volte si comportava in modo strano, i suoi occhi diventavano tristi, lo sguardo si assentava e chiunque la incontrasse le chiedeva cosa avesse, ma nemmeno lei sapeva darsi una risposta.

Un giorno prima di uscire di casa, si diede un ultimo sguardo allo specchio, e notò come le sue espressioni facciali fossero sempre le stesse, una mimica che ormai era diventata la sua maschera.

Cominciò ad avere cattivi pensieri sulla sua personalità, carattere, come mai le rimanesse così difficile aprirsi agli altri, perché non riusciva a dimostrare loro tutto quello che aveva dentro, che valeva molto di più di quello che appariva.

Le sue amicizie erano belle, chi le stava accanto le ha sempre voluto bene per quella che era anche se non la capivano, ma lei era così e non cercavano di cambiarla.

Chi la conosceva da un po’ diceva che era “una ragazza particolare, non se ne trovano come lei, è simpatica, carina, ma non si sa mai fino a che punto prenderla sul serio e a che punto ci si può spingere!”.

Forse tutta quella particolarità era solo una semplice impalcatura difficile da smontare per sorreggere una fragilità che non doveva essere assolutamente intaccata, altrimenti sarebbe crollato l’equilibrio con cui si controllava.

Anna Molly aveva paura per la sua incolumità sentimentale.

Da quel punto di vista aveva sempre cercato di essere poco reperibile, mostrare poco di sé, svelare quel tanto per far avvicinare qualcuno per un contatto fisico, ma senza imbarcarsi in atteggiamenti e situazioni che avrebbero potuto danneggiarla psicologicamente; così abbandonava per prima.

A piccole dosi si concedeva delle storie alternate ad uscite occasionali, senza sbilanciarsi si accontentava e sopravviveva.

Dopo un po’ di tempo questa condizione aveva cominciato a pesarle, ma ormai era diventata un’abitudine ed era difficile uscirne.

Il fatto di voler cambiare a tutti i costi le fece crescere l’insicurezza verso le cose, la sua autostima non era più quella con la quale affrontava ogni giorno. Più andava avanti più aveva la sensazione che così com’era non andava assolutamente bene.

Il primo post blog

Il primo post blog è sempre quello peggiore..almeno credo. Non si sa mai cosa scrivere ed in attesa di una ispirazione butto giù quello che mi viene in mente cercando di azzeccare tutte le lettere sulla tastiera.
Ho l'impressione che ormai l'inflazione dei siti comunitari sia salita alle stelle. Non solo si sta ore davanti al Pc, ma ci si paralizza e si aspetta sempre che qualuno possa contattarti per avere la sensazione di essere "cagato" da qualcuno che non sia il tuo vicino di casa o la tua/o migliore amica/o. Il nuovo "mezzo di comunicazione" di comunicazione non ha poi così tanto. Anche le cose più banali diventano non proprio così comprensibili, generando terribili "missunderstanding" che sfociano nell'insoddisfazione, e il circolo vizioso continua alla ricerca di altro.
Per fortuna si ha un minimo di buonsenso e si esce comunque allo scoperto per prendere respiro da questa "droga", perchè di questo si tratta. Sfido voi a non connettervi per 1 settimana, senza mail, blog, facebook o quel che sia...!
Lo ammetto forse proprio io non ce la farei...mi piace troppo, è un modo per liberare la mente da un mondo reale che non mi piace e che reputo falso, falsissimo...qui invece trovo qualsiasi verità che mi interessa!
Mi piacciono tutti blog liberi liberissimi ed i siti di notiziari e giornali veri, come ARTICOLO 21, GRILLO e l' INTERNAZIONALE...
Dubito fortemente che le notizie che ci danno in televisione siano almeno 1/3 di quello che si legge nei suddetti siti!
Mi auguro che le persone non siano drogati solo della parte futile dei blog e dei siti comunitari, ma abbiano anche il coraggio di curiosare il mondo vero che gli appartiene, sul quale tutti viviamo nel bene e nel male.

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