lunedì 20 ottobre 2008

ANNA MOLLY _IV_Cap

“Sono fuori che guardo le stelle, quelle poche che il mio sguardo può scorgere e scegliere tra le più visibili. L’unica domanda che viene da pormi in questo momento è se qualcuno sa dove sto andando e quale sarà la mia strada, che vedo di giorno in giorno sempre più ostacolata!
Come sempre sento addosso lo sfrenato sentimento della fuga da questa situazione che non mi fa sentire a mio agio. Questo posto mi fa solo assaporare cose negative che non fanno altro che turbare la mia mente labile e poco penetrabile allo stesso tempo.
Sento di volermene andare, ma anche rimanere, che fare allora? Non ho mai seguito il mio istinto, né un impulso, ho sempre riflettuto su tutto quello che ho fatto e faccio. Ho voglia di lasciarmi andare e non seguire più questa monotonia.”


“Mente scoppiata, mente arrabbiata,
non un lamento, non un fermento.
Tace insolente nel suo mondo latente,
cercando risposte al suo intenso malore
che altro non fa che portarle dolore.”

“Patetico sorriso
abbozzato su quel viso,
riportando sul volto
ciò che per lei non vale molto.
Amante di se stessa si protegge,
scalfendo in essa ciò che per lei è legge”

“Ecco che arriva un respiro,
si spegne e sola la lascia e
non la riprende perché sbadato;
lei cade ma non si fa male
perché le sue braccia più forti di prima,
la salveranno nel futuro lontano.
Morbidi gli occhi di chi la guarda,
che non vedono quello che è,
ma ciò che appare;
lei soffre per questo e
ne sente il riflesso.
Punta il sentiero sempre scosceso,
rotolano sassi giù nella foga,
l’arrivo è lontano,
ma lei non si ferma.”

Molly quando scriveva aveva solo voglia di sfogarsi un po’, ma si capiva che non era solo quello il modo in cui lo faceva.
Le piaceva scrivere, a volte lo faceva per diletto, metteva giù qualche storiella, favoletta, ma quando decideva di scrivere per aprirsi, spaventava solo leggere le prime parole delle sue righe.
Non avrei mai immaginato potesse avere tanta sofferenza in grembo e tanta depressione, perché di questo si trattava.
Nelle sue parole si scorgeva sempre una facile ironia e sarcasmo che non facevano mai pensare al suo disagio, ma pensandoci bene, alcuni allarmi lei li lanciava, ma nessuno è stato mai in grado di afferrarli per aiutala. Non capivo il perché della sua irrequietezza, avendola sempre vista come una ragazza attiva e piena di sé non potevo certo immaginare che era dovuto al fatto della sua crisi.
Aveva una maschera assolutamente perfetta per tutto ciò, era brava a non calarsela in presenza degli altri. Faceva sempre il suo gioco, le sue battute, forse perché quando era in compagnia non le passava per la testa alcun pensiero, mentre invece, quando rimaneva sola, le balenavano alla mente le sue paure e le sue ossessioni.
I versi che tramutava in poesie li scriveva su pezzi di carta che rimanevano sparsi per la camera, poi ad un certo punto li recuperava e trascriveva tutto su un carinissimo taccuino bianco fatto con carta artigianale, anche quello fu un regalo di Margaret. Stava molto attenta a non lasciare nemmeno uno spazio vuoto per non completarlo in poco tempo e lo portava sempre con sé.

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