lunedì 20 ottobre 2008

ANNA MOLLY _III_Cap

“Spesso mi domando se c’è una giustizia in questa vita…non si è mai come si vorrebbe essere, non si è mai dove si vorrebbe essere e non ci si sente quello che invece si è.
Ma non solo questo, mi rendo conto sempre di più che questo modo di vedere le cose rischia solo di danneggiarmi e sarà proprio il caso di reagire… non credo che continuando così possa seriamente andare da qualche parte.
Mi guardo intorno e le persone che mi circondano spesso mi lasciano sempre più interdetta…mha!
Vorrei solo che esistesse in po’ di coerenza tra il dire e il fare di qualcuno…che disastro, io che mi perdo dietro queste cose che hanno il peso pari a quello di una zanzara che riesce a tenersi in equilibrio sul pelo dell’acqua.
Spesso la superficialità porta a dire e fare cose contraddittorie, ma non possono sfiorare il paradosso!
Forse è colpa mia se ho fatto credere alcune cose pur lasciando cadere le questioni, pur di non rischiare di ricominciare altre discussioni pressoché inutili.
Le esperienze fanno crescere, ed è vero, ma mi sento particolarmente estranea rispetto a chi mi circonda che ragiona in maniera sconnessa, ma per questo devo solo ringraziare me stessa per certi aspetti, ma soprattutto chi mi ha fatto crescere con certi valori, dei quali ne vado certamente fiera.
Quando si è troppo piccoli certe fortune non le si capiscono.”

La sua famiglia era una di quelle abbastanza normali. Dico abbastanza perché Margaret aveva un lavoro dignitoso, ben retribuito, non si lamentavano per questo, ma Dann era spesso fuori per lavoro. Capitava che non tornasse per diverso tempo, ma ormai l’abitudine era diventata tale da quasi non farci più caso, ma forse era meglio prestarci attenzione.
Anna Molly voleva bene alla sua famiglia, specialmente a sua sorella Penny.
Penny adorava gli animali. I cani la facevano impazzire ma non potevano tenerne in casa perché Geremy era allergico. Geremy aveva solo 3 anni. Coccolato in ogni momento da tutte le donne di casa. Un piccolo batuffolo da accudire e far sentire amato. Era l’unico a sentirsi tale.
In famiglia ognuno aveva il proprio ruolo, Molly essendo la più grande diventò una ragazza molto responsabile, forse troppo presto, e ciò non le permise di fare quegli sbagli che quelli della sua età avevano commesso e col tempo avrebbero imparato.

“Mi piacerebbe andare altrove, per “ricominciare”un’ altra vita, un altro modo di approcciarmi alle persone, in modo più dolce e meno sulla difensiva, come faccio sempre!
Infondo dov’è il problema? Dovrei semplicemente comportarmi come una ragazza normale!
Normale? Cos’è la normalità è un termine che a me rimane sempre più ostile da comprendere, nemmeno quelli che mi conoscono la usano per descrivermi, anzi sono quella strana!
Per me in un certo senso è un bene, ma ciò che è normale per me non lo è per loro ovviamente. Non chiedo molto, vorrei semplicemente fuggire (sto ascoltando “I miss You” degli Incubus)”.

Ad Anna Molly era sempre piaciuto molto viaggiare. I suoi genitori l’avevano sempre portata ovunque. Le sue prime vacanze le aveva passate su isolette sperdute ma paradisiache.
Forse l’indole della viaggiatrice le è rimasta da queste esperienze.
Il fatto era che la sua voglia di viaggiare si era tramutata in unica via di scampo da quella realtà in cui si era andata a ficcare.
Pensava che andare da un’altra parte lontano da casa l’avrebbe aiutata ad essere migliore ed avrebbe potuto far crescere una nuova forma di accettazione nei suoi confronti.
Aveva una marea di posters sospesi per la camera. Paesaggi di terre sconosciute e sperdute, che lei sognava come rifugi dalla paura di rimanere confinata nel luogo in cui viveva, dove non poteva né esprimersi né fare quello che desiderava. Sentiva la sua anima come se avesse le ali tarpate, con una fitta rete sopra, dove poteva guardare il cielo solo attraverso i piccoli fori per respirare.
Nella sua libreria teneva diverse recensioni di giornali e libri su viaggi e scoperte, storie e racconti di esperienze elettrizzanti a contatto con la natura e con la gente, ma soprattutto con la vita stessa.
Aveva un libro preferito, IL GRANDE BOH di Lorenzo Jovanotti, il suo primo libro sui viaggi, glie lo aveva regalato Margaret, forse ci teneva molto anche per quello.
Quando leggeva non le piaceva avere la musica o altri rumori attorno, lei diceva che in quei momenti quello che scorreva con gli occhi trasformava il luogo in cui era nella realtà che desiderava. Entrava direttamente nella narrazione, interagiva con essa, si immaginava parte della storia, protagonista della vita altrui che tanto auspicava potesse un giorno esser sua.

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